Addio al “doppio vincolo” paesaggistico sugli interventi selvicolturali
Approvato l'emendamento che toglie il doppio vincolo ai boschi che ricadono in aree di interesse...
di Stefano Lorenzi
Gli alberi fortunatamente non sono omologabili come un edificio o un manufatto in ferro; quindi, la loro gestione è e deve essere sartoriale, particolareggiata e soprattutto progettata e condotta da personale esperto, certificato e formato. Ciò lo si deve pretendere a tutti i livelli di intervento, ma soprattutto quando ad una pianta si va ad applicare un cavo di ancoraggio apposito in chioma, per la prevenzione della rottura di branche o per evitare che suddette branche in caso di schianto raggiungano il suolo e facciano danni o, peggio ancora, feriscano persone.
Questa particolare istallazione deve avere una sinergia tra tecnico abilitato valutatore di stabilità e arboricoltore. Infatti, il tecnico, dopo un 'analisi visiva e/o strumentale delle problematiche dell'albero, deve dare indicazioni su come operare all'arboricoltore che materialmente, in tree climbing o tramite l’utilizzo di PLE, sale ad installare i cavi di ancoraggio e ritenzione.
Dato che a seconda delle problematiche che si riscontrano occorre "progettare" un sistema di ancoraggio adeguato, tecnico ed arboricoltore devono decidere la tipologia e le caratteristiche del cavo, il numero di cavi da installare, le angolazioni e la posizione di posa sull’albero.
Si evince quindi che l’installazione di un sistema di cablaggio richiede molte conoscenze tecniche ed esperienza.
Tecnologia e materiali tecnici negli ultimi anni sono venuti incontro alle esigenze dei professionisti e sul mercato si trovano davvero tutte le tipologie di cavo che rispondono alla soluzione di ogni problematica.
Se abbiamo un crack o una frattura legnosa netta è più indicato un ancoraggio statico ad alta tenuta che non faccia allontanare le due parti dell'albero danneggiate.
Se invece si deve far fronte ad un difetto come corteccia inclusa o altri difetti meno immediati o gravi, i cavi dinamici con allungamento ed elasticità programmata sono il miglior aiuto, in quanto permettono al ramo o alla parte di albero di muoversi comunque e quindi di non "impigrirsi". Questa tipologia di ancoraggio favorisce la pianta a creare in ogni caso legno di reazione, ma in caso di evento grave od estremo, come forte vento o neve, aiutano a sopperire alla debolezza del difetto strutturale, cercando di mantenere il movimento nella fase in cui finita l'azione dell'elemento esterno tutto torna nella posizione originaria.
A volte gli ancoraggi di branche vengono impiegati come extrema ratio per non potare la pianta, ad esempio su alberi molto vetusti. In questi contesti anche asportare pochi rami verdi può essere un danno grave e quindi, anziché togliere superfice fotosintetizzante, si preferisce rinforzare il ramo legandolo piuttosto che togliergli peso per contrastare il difetto strutturale.
Un altro uso dei cavi di ancoraggio e ritenzione è quello di avere come obiettivo il non far cadere a terra il ramo che probabilmente potrebbe rompersi con facilità, che magari non può essere tolto o ridotto sempre per problemi legati alla monumentalità dell'albero su cui si opera. Ecco che allora in questo caso si devono prevedere dei cavi ultradinamici in modo che anche sotto l'azione di un carico dinamico improvviso (il ramo che si spezza e cade) si comportano da back up, ne assorbono la forza e lo trattengono appeso all'albero.
Ancora, gli ancoraggi in chioma su grandi alberi vengono spesso realizzati dopo eventi meteorologici estremi, per conservare le parti della pianta che hanno subito danni. A volte, dopo questi episodi danneggianti, l’albero perde la sua forma e il suo ordine architettonico che magari era stato costruito in svariati decenni di vita. Con un consolidamento, si possono quindi rinforzare quelle branche che rimangono “libere” dalla protezione di altre branche o rami che per anni gli erano cresciuti accanto. Così facendo diamo tempo e modo alla pianta di ricostruirsi la chioma senza subire ulteriori perdite.
Infine, alcune volte si possono ancorare anche interi alberi a piante vicine. Una pratica che ha ancora molte incognite ma che può servire a limitare i danni in caso di caduta dell’albero, in quanto quello a cui è ancorato lo può guidare lontano dai target più sensibili e in pericolo.
Secondo il modesto parere dello scrivente, basato su esperienze di lavoro in Italia e all'estero, i cavi di ancoraggio e ritenzione sono un valido strumento in molte casistiche, ma non bisogna abusarne, non ci si deve accanire nel conservare la forma di un albero o la sua architettura se non più sostenibile a livello energetico dall'albero stesso.
Come tutte le tecniche in arboricoltura urbana l’ancoraggio deve essere uno strumento per assecondare l'albero a seguire le sue fasi di vita, cercando di permetterci di condividere un pezzo di questa insieme a lui in maniera più bella e sicura possibile.
Proprio per questo la SIA, Società Italiana di Arboricoltura (isaitalia.org), con il suo Paolo Pietrobon, sta partecipando ad un tavolo di lavoro europeo che produrrà gli standard per gli ancoraggi in arboricoltura, ovvero una visione comune proceduralizzata su come operare in questa area dell'arboricoltura urbana.
Autore:
Stefano Lorenzi, Rete di imprese Climbcare. E-mail:
Maggiori informazioni:
www.climbcare.eu
www.associazionearboricoltori.it
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