Addio al “doppio vincolo” paesaggistico sugli interventi selvicolturali
Approvato l'emendamento che toglie il doppio vincolo ai boschi che ricadono in aree di interesse...
In un contesto di crisi climatica globale, l’approvazione della Strategia Forestale Europea, della Strategia Forestale Nazionale, e più di recente, delle linee guida europee sulla gestione forestale “Closer-to-Nature”, ci spingono a riflettere su come metterne in pratica i principi e come raggiungere gli obiettivi definiti da questi importanti documenti.
Negli ultimi anni in Italia sono stati fatti molti passi in avanti nei campi della governance, della normativa, della raccolta dati, della comunicazione, dell’associazionismo e dello sviluppo di filiere nazionali del legno. Tuttavia, uno degli aspetti fondamentali che ancora manca è l’adeguamento culturale e operativo del settore forestale italiano all’applicazione di una selvicoltura più vicina alla Natura.
È indubbio, infatti, che per promuovere una gestione forestale “più vicina alla Natura”, che valuti caso per caso come incrementare la diversità strutturale e di specie, proteggere suoli e acque, mantenere il legno morto in bosco, ottenere una maggiore protezione della fertilità del suolo, contrastare la crisi climatica e ridurre gli input energetici per la gestione, che sia innovativa e capace di generare servizi ecosistemici, occorra prima ancora di affinare gli interventi selvicolturali, accrescere le conoscenze e le sensibilità di tutti gli attori che operano in questo ambito specifico.
Negli ultimi anni, nel nostro Paese, la selvicoltura ha trovato sempre meno spazio nella ricerca e nella sperimentazione, per varie concause legate sia alla mancanza di investimenti di lungo periodo, sia ai meccanismi di valutazione dei ricercatori.
È necessario incrementare la ricerca e la sperimentazione in selvicoltura, promuovendo progetti specifici, gruppi di lavoro interregionali, nazionali e internazionali e partnership con le imprese del comparto, dotandosi di un piano nazionale per il settore forestale con evidenziate le priorità di ricerca in selvicoltura e superando gli impedimenti che rendono le ricerche selvicolturali di lungo periodo poco attraenti e quindi poco realizzate dai ricercatori.
La selvicoltura, quale elemento di base della Gestione Forestale Sostenibile, non può prescindere dall’incremento della pianificazione forestale a più livelli, come previsto dal TUFF (D.lgs. 34/2018) e dalla Strategia Forestale Nazionale. È necessario incrementare anche la formazione (vedi punto 5) in questo campo, verso studenti e tecnici laureati, per rendere omogenea la struttura e più efficaci i Piani di gestione, con particolare attenzione ai Piani Forestali di Indirizzo Territoriale, per i quali non esiste ancora un’esperienza diffusa e condivisa. Cultura della pianificazione significa anche uscire dalla logica dei Piani visti quasi unicamente come strumenti conoscitivi e inserire in questi documenti scelte, strategiche e selvicolturali, da adottare non solo sulla base di conoscenze tecniche, ma anche tenendo conto delle richieste e delle priorità generate nei processi partecipativi organizzati professionalmente nei territori di riferimento, della prevenzione di eventi meteorologici estremi e di incendi boschivi, così come della reale disponibilità di risorse finanziarie e umane per realizzare gli interventi programmati.
In buona parte d’Italia, la selvicoltura è lasciata in mano alle sole imprese boschive, il cui ruolo - fondamentale - non deve però essere quello di progettare gli interventi, bensì di saper interpretare i progetti dei tecnici, portarli a termine senza causare impatti ambientali irreversibili e nella massima sicurezza per gli operatori. È perciò necessario che per gli interventi selvicolturali (al di sopra di una soglia minima di superficie o di cubatura) sia previsto un progetto firmato da un tecnico professionalmente competente, che sappia predisporre un progetto adeguato al contesto selvicolturale e sia anche responsabile della sua esecuzione e per questo adeguatamente remunerato. Ciò dovrebbe essere previsto nelle normative forestali di riferimento e nelle misure di sostegno dei CSR/PSR nazionale e regionali.
Oltre a recepire e incentivare ciò che è auspicato nel punto precedente, è necessario che la normativa forestale, in particolare le leggi e i regolamenti di Regioni e Province Autonome, pur nell’esigenza di differenziazioni locali, abbia minimi comuni denominatori su temi di rilievo nazionale e venga valutata a cadenza regolare, per recepire le mutate esigenze, le innovazioni portate dalla ricerca e dalla sperimentazione, abbandonando prescrizioni non fondate su basi scientifiche o oramai desuete. Occorre perciò che i funzionari delle amministrazioni siano a loro volta aggiornati, che lavorino in rete - tra loro e con gli esperti del mondo della ricerca - e che i politici di riferimento vengano costantemente sensibilizzati sulle modifiche normative necessarie.
È necessario che all’interno dei Corsi di Laurea delle Università italiane che formano i tecnici forestali la selvicoltura abbia un peso maggiore, sia dal punto di vista teorico che pratico (attraverso esercitazioni in molti tipi di bosco, in diversi contesti sociali ed economici). I corsi di selvicoltura dovrebbero recepire e trasferire agli studenti tutte le più recenti innovazioni in questa materia, avvalendosi anche di collaborazioni con esponenti del mondo professionale, pubblico e privato, preparando così i forestali del futuro alla progettazione e alla gestione di interventi selvicolturali innovativi e dei relativi cantieri.
La cultura in selvicoltura, tuttavia, non deve fermarsi alle Università. È necessario che la formazione in questa materia prosegua lungo tutta la vita lavorativa di tecnici e gestori forestali, sia pubblici che privati, attraverso corsi di aggiornamento promossi dalle istituzioni di riferimento con determinazione, continuità e capillarità territoriale. Formazione e aggiornamento dovranno essere dimensionati e strettamente connessi a reali opportunità di lavoro.
Per rendere i boschi italiani più diversificati e resilienti, come ci chiedono i documenti strategici citati in precedenza e per il benessere di tutti i cittadini, è fondamentale un accompagnamento politico, soprattutto a scala regionale, attraverso finanziamenti, sgravi e aiuti mirati alla selvicoltura più vicina alla Natura, che permettano di realizzare gli interventi selvicolturali necessari anche laddove la redditività è bassa o nulla. Per fare ciò è necessaria un’opera di sensibilizzazione diffusa nei confronti dei decisori, sia sul tema di un’organizzazione tecnico-amministrativa dotata di personale competente e meglio strutturata sul concetto di sussidiarietà Stato-Regioni e pubblico-privato, sia su quello del pagamento dei servizi ecosistemici forestali, in cui il settore pubblico dovrebbe avere un ruolo di catalizzatore anche nei confronti dei proprietari privati.
Oltre alle filiere corte e locali, oggi capaci di valorizzare prevalentemente l’uso energetico del legno, occorre portare a più ampia scala l’approccio a cascata e con esso la cultura della valorizzazione dei prodotti a più alto valore aggiunto e più elevato impatto occupazionale. Per tali finalità è però necessario creare sia le condizioni per produrre assortimenti di valore nel medio-lungo periodo, sia le idonee condizioni di mercato. Non basta inoltre puntare sulle sole filiere del legno, ma al contempo occorre indirizzare l’azione selvicolturale verso altre filiere sempre più interessanti, anche economicamente (es. i crediti di carbonio associati ai servizi ecosistemici di regolazione o le attività turistiche e ricreative collegate ai servizi ecosistemici culturali).
A ogni livello, gli organi preposti al controllo dovrebbero evitare un approccio unicamente repressivo per abbracciare anche forme preventive di accompagnamento degli addetti ai lavori verso interventi selvicolturali più in linea con i documenti strategici citati e con le innovazioni prodotte da ricerca e sperimentazione. Per fare ciò sono necessari sia una presenza più continua durante gli interventi selvicolturali, sia un maggiore e costante investimento nell’addestramento e nell’aggiornamento selvicolturale anche degli addetti alle attività di controllo.
Occorre continuare ad investire sugli imprenditori e sugli operatori forestali, non solo formandoli periodicamente sui metodi di lavoro con strumenti innovativi e meno impattanti, da utilizzare in sicurezza, ma anche ampliando le loro conoscenze sul valore ecologico, sociale e culturale dei boschi, sul funzionamento delle filiere forestali e su quelle dei servizi ecosistemici, così come sulle normative di riferimento, per renderli sempre più consapevoli del proprio ruolo nel contesto di una gestione selvicolturale sempre più sostenibile.
La selvicoltura deve entrare sempre più spesso all’interno di una nuova narrazione del bosco che sia allo stesso tempo lontana da stereotipi e inutili retoriche, ma capace di coinvolgere le nuove generazioni nel praticare un lavoro prezioso per tutta la collettività. La selvicoltura più vicina alla Natura merita di essere raccontata, a tutto tondo, come un’operazione funzionale allo sviluppo dei territori e di servizi utili a tutti, in un’ottica di sostenibilità ecologica, sociale ed economica e di mitigazione e adattamento alla crisi climatica.
Paolo Mori
Andrea Barzagli
Silvia Bruschini
Giammarco Dadà
Luigi Torreggiani
Davide Ascoli
Stefano Berti
Lorenzo Camoriano
Raffaele Cavalli
Massimo Negrin
Imerio Pellizzari
Davide Pettenella
Raoul Romano
Tiziana Stangoni
Massimo Stroppa
Giuliana Torta
Accademia dei Georgofili
Aiel
Anarf
Ausf Italia
Cluster Italia Foresta Legno
CoNaIBo
Confagricoltura
Confartigianato
Federforeste (Coldiretti)
Fiper
Fondazione Alberitalia ETS
Fondazione Montagne Italia
Fondazione Symbola
FSC® Italia
Legambiente
PEFC Italia
Pro Silva Italia
Oltreterra
Rete Mediterranea delle Foreste Modello
Slow Food® Italia
Uncem
Per approfondire le motivazioni del Manifesto è possibile leggere l'editoriale di introduzione al Focus di Sherwood n. 269 a cura di Paolo Mori:
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Nel corso del 2025 saranno organizzati incontri specifici dedicati ad uno o più punti del Manifesto. Chi volesse partecipare o anche solo essere informato potrà farlo chiedendo di essere iscritto all’elenco dei soggetti interessati scrivendo a
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