Addio al “doppio vincolo” paesaggistico sugli interventi selvicolturali
Approvato l'emendamento che toglie il doppio vincolo ai boschi che ricadono in aree di interesse...
"L'attività di tagliare alberi davanti alle classi non è particolarmente ricca di valenza didattica"
Questa è, in estrema sintesi, la risposta ricevuta dai responsabili di un Consorzio forestale rispetto ad una proposta didattica, precedentemente inviata ad una scuola, dedicata al tema della gestione forestale sostenibile. Ce l’ha raccontata un dottore forestale piemontese, amareggiato ma non del tutto sorpreso dell’accaduto.
Non ci interessa fare nomi, non importa in questo contesto. L’importante a nostro avviso è riflettere, a partire da questa piccola ma esemplare storia, sul significato profondo di “educazione ambientale”. Per questo citeremo solo il Consorzio e l’area geografica interessata.
Ma riavvolgiamo il nastro.
Il Consorzio forestale del Canavese, che opera in Piemonte, ha deciso di inviare a una scuola un progetto di educazione ambientale su stimolo della propria Regione e di Ipla (Istituto per le piante da legno e l’ambiente), realtà impegnate in una più ampia attività di divulgazione sui temi del bosco nelle scuole che ha visto partecipare nell'ultimo anno oltre 600 tra ragazzi e docenti.
Il progetto del Consorzio aveva uno scopo ben preciso: far sì che gli adulti del futuro sviluppino una visione informata e complessa della gestione forestale, che sappia andare al di là dagli stereotipi sempre più comuni che associano, ad esempio, la selvicoltura alla deforestazione.
L’attività proposta era articolata in tre filoni ben precisi. Il primo ambientale, con l’obiettivo di descrivere il bosco come ecosistema complesso, focalizzandosi sul ruolo delle aree protette. Il secondo gestionale, per raccontare che cosa sono la selvicoltura e la gestione forestale sostenibile, incentrando quindi le riflessioni sul rapporto tra esseri umani e risorse naturali. Il terzo operativo, per far scoprire a ragazze e ragazzi due mestieri decisamente poco noti: il dottore forestale e l’operatore forestale professionale (il moderno boscaiolo).
Nell’attività era previsto anche l’abbattimento controllato di un albero; non uno a caso, ma uno di quelli che i selvicoltori del Consorzio, presi in considerazioni gli obiettivi gestionali di quel particolare bosco, avevano già indicato di tagliare. Un bosco, tra l’altro, certificato PEFC, dove la gestione sostenibile è validata da organismi terzi e indipendenti sulla base di criteri e indicatori internazionali.
La “pietra dello scandalo” è stata proprio la proposta di abbattere un albero davanti ai ragazzi, atto considerato evidentemente diseducativo. Un’azione che, agli occhi della scuola, dev’essere apparsa ben lontana dalla tanto auspicata “educazione ambientale” richiesta a gran voce dalle principali istituzioni internazionali. In contrasto anche con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU che, per fortuna, stanno diventano una materia di studio trasversale in moltissime scuole d’Italia e del mondo.
Ma cosa significa davvero “educazione ambientale”?
Ad aiutarci a capirlo è il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che la descrive così: “L’Educazione ambientale è uno strumento fondamentale per sensibilizzare i cittadini e le comunità ad una maggiore responsabilità e attenzione alle questioni ambientali e al buon governo del territorio. Il crescente interesse nei confronti dell’interconnessione tra le dinamiche ambientali, sociali ed economiche ha portato all’elaborazione del concetto più ampio di Educazione allo Sviluppo Sostenibile (ESS), che non riguarda solo l’ambiente ma anche l’economia e la società”.
Da questa definizione risulta abbastanza evidente come la gestione forestale sostenibile, che si realizza inevitabilmente anche tagliando alberi con obiettivi diversificati caso per caso, è a tutti gli effetti un concetto chiave che è possibile e utile divulgare attraverso attività di educazione ambientale.
La gestione forestale sostenibile è a tutti gli effetti un concetto chiave che è possibile e utile divulgare attraverso attività di educazione ambientale
Perché gestire i boschi in maniera corretta e responsabile significa garantire l’erogazione di numerosi servizi ecosistemici fondamentali per le nostre vite, tutelando l’ambiente ma al tempo stesso generando economia locale e importanti ricadute sociali.
Il legno, ad esempio, è una materia prima rinnovabile e riciclabile che si dovrebbe studiare proprio sui banchi di scuola, in tecnologia, e che nei libri più aggiornati è associata a fenomeni culturali e sociali fondamentali nell’educazione dei cittadini del futuro: la transizione ecologica e l’economia circolare.
Osservando i 17 obiettivi dell’ONU, che i ragazzi dovrebbero imparare trasversalmente alle classiche materie scolastiche, è facile intuire che la gestione sostenibile delle foreste è direttamente connessa alla maggior parte di essi, talora più in senso conservativo (acqua, biodiversità), altre volte più produttivo (energia, costruzioni sostenibili, bioeconomia), più spesso in entrambi i sensi (lotta alla crisi climatica, salute e benessere, consumo e produzione responsabili, educazione…)
La multifunzionalità derivante da foreste ben gestite tiene insieme obiettivi assai diversificati e li armonizza, cercando costantemente un equilibrio tra ambiente, economia e società: cosa di più straordinario da insegnare ai ragazzi? Cosa di più vicino a ciò che significa “transizione ecologica”, la rivoluzione collettiva a cui saranno chiamati a contribuire in prima persona?
E allora, perché non voler mostrare loro un albero che cade dopo un percorso articolato come quello proposto dal Consorzio forestale? Perché rifiutare un progetto così interessante a causa di quel singolo atto?
Forse perché oggi una certa cultura, spesso sospinta da “profeti” molto in voga, ci ha messo in testa che tagliare un albero è sempre e solo un atto sbagliato, a prescindere. Forse perché da troppi anni manca una contro-narrazione da parte del settore forestale, poco avvezzo a raccontarsi. Forse perché una certa idea distorta di “Natura con la N maiuscola” si è impossessata di una parte della nostra società, sottoforma di un profondo senso di colpa collettivo, distogliendoci così da una realtà fatta di relazioni imprescindibili, che anche se non vogliamo ci abitano ogni giorno.
Una relazione, quella tra esseri umani e natura, che siamo chiamati a migliorare costantemente, non certo a cancellare. Una relazione che, sempre più distanti geograficamente e culturalmente dalle cose della terra, non sappiamo più riconoscere.
Una relazione, quella tra esseri umani e natura, che siamo chiamati a migliorare costantemente, non certo a cancellare
In questo talvolta sconfortante contesto culturale, mostrare ai ragazzi un albero che cade dopo una lunga giornata di ragionamenti profondi su ambiente, ecologia e selvicoltura può essere allora considerato un atto audace ma necessario, quasi rivoluzionario. Un vero e proprio esercizio di educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile che Regione Piemonte, Ipla e il Consorzio forestale del Canavese hanno avuto il coraggio di proporre alle scuole. Un’attività che anche in altri contesti (ad esempio quello che è stato raccontato qui alcuni mesi fa) ha dato risultati assai positivi.
L’educazione di cittadini più informati e consapevoli, quindi più rispettosi dell’equilibrio possibile tra attività antropiche e ambiente, passa anche da un albero tagliato, nonostante possa sembrare, a prima vista, qualcosa di “non particolarmente ricco di valenza didattica”.
Compagnia delle Foreste ha realizzato, proprio per conto di Regione Piemonte e Ipla nell’ambito del progetto EvoForest, una storia illustrata per bambini e ragazzi dedicata alla selvicoltura e utilizzata per le attività di educazione ambientale citate nell’articolo. Tra le scene illustrate c’è anche il taglio di un albero. Si può scaricare qui: https://www.compagniadelleforeste.it/didattica/alla-scoperta-del-bosco.html
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