Taglio alberi senza autorizzazioni? Repubblica rilancia una bufala del comico Giovanni Storti
Da alcuni giorni sui Social network impazza un video di Giovanni Storti, il noto comico del trio “Aldo, Giovanni e Giacomo”, che attacca duramente un provvedimento del Governo Meloni relativo al “doppio vincolo paesaggistico”, sostenendo che, a seguito dello stesso, “Si potranno tagliare alberi nei boschi, nei giardini, nei parchi, anche alberi monumentali, senza bisogno di autorizzazione!”
Repubblica Green&Blue, l’inserto dell’importane quotidiano dedicato ai temi ambientali, ha rilanciato la notizia con un breve articolo a firma di Fiammetta Cupellaro, che riprendendo anche il video di Giovanni Storti ha ribadito il concetto: anche in giardini, ville e parchi si potranno tagliare alberi senza autorizzazione a seguito della recente modifica normativa.
Si tratta, in entrambi i casi, di notizie del tutto false, di una vera e propria bufala. Cerchiamo di fare chiarezza.
Come abbiamo già approfonfito nei mesi scorsi (articolo qui), la modifica normativa, innanzitutto, riguarda solo le superfici forestali; quindi, non tocca minimamente giardini, parchi urbani, né tantomeno gli alberi monumentali, tutelati con una specifica legge (Legge 10/2013) che non è assolutamente stata modificata ed è pienamente in vigore (prevedendo giustamente pesanti sanzioni per chi danneggia questi importanti “monumenti vegetali”).
Concentriamoci quindi solo sui boschi, il vero oggetto della questione. Dire che si potranno tagliare senza autorizzazione è falso, perché sono rimaste pienamente in vigore le autorizzazioni da richiedere ai sensi delle leggi e dei regolamenti forestali (diversi per ogni regione) e anche tutte le norme e le prescrizioni ambientali vigenti in Parchi Nazionali, regionali, riserve naturali e aree della Rete Natura 2000 (la rete europea di protezione della natura).
Ma quindi, cosa è cambiato davvero con il provvedimento?
Il “vincolo paesaggistico”, istituito dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, non è stato abolito dalla modifica normativa, è tutt’ora in vigore. A cambiare è solo e soltanto la necessità di autorizzazione per effettuare i normali “tagli colturali” (quelli già previsti dalle norme forestali) nelle aree a “doppio vincolo”, corrispondenti a circa il 20% dei boschi italiani. Infatti, nel restante 80%, da sempre si può operare con i normali “tagli colturali” previsti dalle normative senza chiedere l’autorizzazione paesaggistica. Si tratta di una “deroga” prevista dallo stesso Codice del Paesaggio!
La ratio è molto semplice. Come è scritto all'articolo 1, comma 1, lettera a, della “Convenzione europea del paesaggio”, firmata a Firenze nel 2000: “Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Il paesaggio italiano - che tutto il mondo ci invidia, percependolo come qualcosa di tanto meraviglioso quanto equilibrato - calza perfettamente con questa definizione, essendo stato plasmato nei secoli dalle attività umane che si sono intersecate con gli ambienti naturali. In particolare, agricoltura e selvicoltura sono state, e sono tutt'ora, attività fondanti del nostro paesaggio, dalla Sicilia alla Valle d'Aosta.
Per questo, soprattutto, era decisamente curioso dover chiedere un'autorizzazione paesaggistica per effettuare un intervento selvicolturale già previsto e normato da leggi e regolamenti. In altre parole: perché dover chiedere un'autorizzazione paesaggistica per effettuare una delle attività che creano e mantengono il paesaggio stesso?
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio aveva quindi già previsto, per questi ovvi motivi, la deroga all'autorizzazione per tutti i "tagli colturali". Tuttavia, da questa deroga erano rimasti esclusi i boschi con "doppio vincolo": non solo tutelati in quanto boschi (articolo 142 del Codice), ma anche da ulteriori decreti territoriali specifici (articolo 136 del Codice). Decreti quest'ultimi che, tra l'altro, se letti con attenzione, spesso esplicitano la natura selvicolturale di molte foreste: "boschi da paleria", "paesaggio boscato tipico delle miniere"... paradossalmente il Codice dovrebbe obbligare gli interventi di gestione forestale, altroché chiedere autorizzazioni! Ma giustamente non lo fa, perché il paesaggio non è un quadro, è qualcosa di dinamico, che si adatta alle esigenze e alle sensibilità della società nel rispetto della normativa.
Come Redazione di Sherwood siamo pienamente d’accordo con la modifica normativa, arrivata con il Governo Meloni ma in realtà già in discussione da molto tempo tra gli addetti ai lavori, anche perché toglie un inutile aggravio burocratico che rallentava enormemente il lavoro delle imprese della filiera foresta-legno senza in realtà modificare la natura degli interventi selvicolturali. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, dopo mesi e mesi, l’autorizzazione arrivava comunque, senza note, spesso con “silenzio assenso”.
Tuttavia, è ovviamente comprensibile e legittimo criticare questa norma, ma occorre farlo nel merito, senza spargere bufale. Criticare un alleggerimento normativo perché lo si ritiene un rischio è una cosa, dire falsità è un’altra.
Se a rilanciare certe bufale sono un personaggio pubblico molto seguito e amato da tutti (noi compresi) come Giovanni Storti e un quotidiano importante come Repubblica, il rischio che si diffondano a macchia d'olio è altissimo.
La montagna ha bisogno di tornare a un dibattito serio, approfondito, anche duro se serve, ma tecnico-scientifico, basato su analisi, dati, studi e incentrato sui problemi reali delle Terre alte, che sono certamente di natura ambientale, ma anche economica e sociale.
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