Pillole forestali dall’Italia #48 - Nuove professionalità tra foreste, legno e biodiversità e altre notizie di novembre
Ciao a tutte e a tutti e benvenuti all'edizione numero 48 di “Pillole forestali dall’Italia”, l’appuntamento quindicinale che vi descrive e commenta 5 tra le principali notizie su foreste e legno in Italia selezionate dalla redazione di Sherwood, sia in forma scritta che come podcast.
Questa rubrica è sponsorizzata da FSC®Italia, PEFC Italia e UNIFOREST - Macchine forestali, che ringraziamo per consentire la diffusione gratuita dell'informazione forestale.
Preferisci ascoltare o leggere?
Ecco la versione PODCAST (la trovi anche su tutte le piattaforme come Spreaker e Spotify):
Qui invece le notizie da LEGGERE:
LE PROPOSTE DI OLTRETERRA
Iniziamo da un importante evento che si è tenuto negli scorsi giorni, dal 13 al 15 novembre, a Santa Sofia (FC), nell’Appennino tosco-romagnolo: Oltreterra.
Si tratta di un evento annuale, arrivato quest’anno all’undicesima edizione, promosso da Slow Food Italia, Legambiente, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Monte Falterona e Campigna, Romagna Acque e Fondazione Alberitalia, che ha da sempre l’obiettivo di promuovere azioni economiche sostenibili e replicabili per la montagna italiana. È un momento di confronto, quello di Oltreterra, in cui sono coinvolti esperti ed esperte di vari settori insieme ad enti, associazioni e portatori di interesse; una sorta di “pensatoio” che ogni anno elabora riflessioni e proposte concrete attraverso il lavoro di sei Tavoli di discussione.
I documenti riassuntivi di quanto emerso nei sei Tavoli sono usciti da poche ore e ve li segnaliamo suggerendovi ovviamente la lettura. Qui cercheremo di riassumerli al massimo, evidenziando i principali temi emersi, in particolare, per quanto riguarda il settore forestale.
Dal Tavolo dedicato alle filiere forestali, la proposta uscita è stata quella di lavorare, attraverso la formazione e il dialogo istituzionale, alla creazione di una nuova professionalità: l’animatore o animatrice forestale territoriale. Una figura in grado di: “Vedere e capire la complessità dei singoli territori, i problemi specifici e le opportunità, le esigenze della collettività e le necessità delle comunità, per poi immaginare, condividere e realizzare percorsi progettuali su misura, capaci di accompagnare gli attori dello sviluppo locale verso gli obiettivi della Strategia Forestale Nazionale”. Su Sherwood abbiamo pubblicato uno specifico articolo dedicato proprio a questa proposta.
Dal Tavolo di discussione sui castagneti da frutto è apparso invece fondamentale superare lo stereotipo della castanicoltura tradizionale come legata al passato, puntando invece ad una comunicazione che faccia emergere le potenzialità legate allo sviluppo futuro di una risorsa preziosa che può contribuire ad una nuova vitalità delle Terre alte. La proposta è stata infatti quella di puntare su una campagna di sensibilizzazione, anche attraverso materiali educativi, rivolta non solo alle scuole ma anche a un pubblico più ampio.
Interessanti anche gli spunti usciti dal Tavolo sulle Strategie Integrate, dove è stato affrontato, tra gli altri, anche il tema dell’accoglienza nei confronti dei “nuovi italiani”, persone che spesso trovano occupazione proprio in ambito agro-forestale, andando a colmare un vuoto.
Il settore forestale è stato ben presente anche all’interno del Tavolo che ha proposto di “riportare la montagna sui banchi di scuola”, in cui è emersa chiaramente la necessità di nuove forme di educazione ambientale, che comprendano anche il racconto delle filiere e dei prodotti di montagna, legno compreso. Altri due Tavoli ricchi di spunti sono stati quelli dedicati alla coesistenza con i grandi carnivori e al turismo in evoluzione.
Noi di Compagnia delle Foreste eravamo presenti a Oltreterra e ci sentiamo di raccontare questa tre giorni come un modello di partecipazione e di dialogo: c’è infatti un enorme bisogno di discutere, anche a partire da posizioni differenti, attorno ai temi della montagna… facciamolo più spesso, spalancando porte e finestre a nuovi punti di vista e sensibilità, per contaminarci a vicenda.
Per approfondire:
RIFIUTI O SOTTOPRODOTTI?
AIEL - Associazione Italiana Energie Agroforestali, si è fatta promotrice di un’iniziativa parlamentare che ha l’obiettivo di chiarire definitivamente la possibilità di impiegare come sottoprodotti i residui derivanti dalle attività di manutenzione del verde, incluso il legname depositato in alveo a seguito di agenti atmosferici. Si tratta di un emendamento al DL Ambiente e l’aspetto interessante è che è stato presentato e sostenuto da Senatori sia di maggioranza che di opposizione.
Il tema è molto dibattuto e avvolto da una “nebbia interpretativa” che ha generato numerosi problemi agli operatori del settore. L’emendamento punta proprio a risolvere queste incertezze facendo chiarezza.
Ma facciamo un po’ di storia per capire meglio la questione, sempre attraverso quanto riportato dalla nota di AIEL.
Fino al 3 agosto 2023 l’interpretazione dell’Articolo 184-bis del Testo Unico Ambientale prevedeva l’esclusione dalla regolamentazione per quanto riguardava i residui delle attività agricole e forestali riutilizzati in agricoltura o per la produzione di energia. Inoltre, era possibile classificare come sottoprodotti anche sfalci e potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico o privato. Tuttavia, tale interpretazione è stata messa in discussione a seguito delle risposte a due interpelli da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che presentavano conclusioni divergenti. Questa incertezza è stata ulteriormente alimentata da una risposta della Commissione europea di aprile 2024, che è sembrata aderire a un’interpretazione restrittiva della nozione di sottoprodotto, qualificando come rifiuti anche i residui derivanti dalla manutenzione del verde.
AIEL stima che attualmente, in Italia, circa 3 milioni di tonnellate all’anno di biomassa legnosa derivino da potature, manutenzione di parchi e giardini, manutenzione di viali alberati, pulizia degli alvei e raccolta del legname fluitato. Se tali residui fossero classificati come rifiuti, i Comuni italiani si troverebbero ad affrontare un costo stimato tra 150 e 180 milioni di euro per il loro smaltimento. Al contrario, la loro valorizzazione energetica potrebbe generare un possibile guadagno di circa 45 milioni di euro a favore delle filiere locali, in un’ottica di economia circolare.
Attendiamo l’esito di questo emendamento bipartisan suggerendo che, a fianco di questa sacrosanta richiesta mossa dagli operatori del settore, occorrerebbe anche aprire una riflessione sulla qualità della gestione del verde urbano e della vegetazione riparia, ambienti delicati (e anche molto in vista rispetto all’opinione pubblica) che talvolta non sono gestiti a dovere.
È giusto chiedere chiarezza e la possibilità di valorizzare questi sottoprodotti, che sarebbe assurdo smaltire come rifiuti. Ma è anche necessario fare un passo in avanti nella buona gestione delle aree verdi fuori foresta.
Per approfondire:
NUOVE PROFESSIONI PER LA BIODIVERSITÀ
Lo scorso 18 novembre, presso il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari del’Arma dei Carabinieri, si è svolta la riunione di lancio di un nuovo progetto Life, chiamato “TraiN2K” e dedicato a creare un sistema di formazione europeo volto a migliorare la gestione della Rete Natura 2000.
Il progetto, della durata di 4 anni, conta la partecipazione di 9 partner internazionali e prevede l’istituzione di un Master universitario di secondo livello e la creazione di una scuola di formazione europea. Questa scuola genererà tre nuovi profili lavorativi, così denominati: “Natura 2000 Coach”, “Eco-Restorer” e “Ranger Natura 2000”.
Gli esperti formati dal progetto, secondo i promotori, saranno in grado di aumentare la coerenza internazionale della rete Natura 2000, nonché migliorare l’efficacia e l’efficienza della gestione nei siti e il ripristino degli habitat nelle aree protette. La scuola di formazione europea sarà ospitata in Italia, presso il Centro di Eccellenza per la Tutela Ambientale (CoEEP) di Sabaudia, dove si terranno lezioni teoriche propedeutiche alle attività successive del corso, cioè lezioni in modalità e-learing ed esercitazioni presso siti Natura 2000 nazionali ed europei.
Come sappiamo bene, circa un terzo delle foreste italiane è compreso all’interno della Rete Natura 2000 e la gestione di questi siti crea spesso forti dibattiti e anche conflitti sui territori tra gli attori del nostro settore. Avere a disposizione figure professionali ben formate su tutti gli aspetti che riguardano la gestione di queste aree protette, spesso immerse in un complesso tessuto socioeconomico di cui è necessario tenere conto, è indubbiamente essenziale per rilanciare e modernizzare la Rete Natura 2000.
Queste figure, magari proprio in stretta collaborazione con gli “animatori forestali territoriali” descritti nella prima notizia, potrebbero contribuire ad una gestione rinnovata dei territori, capace di tenere assieme più istanze lavorando a obiettivi comuni. Per fare questo però sarebbe importante che ciascuno facesse un passo avanti (o forse indietro…) e che nella formazione di tutte queste nuove figure professionali raccontate in questa edizione delle Pillole sia promossa una reciproca contaminazione di saperi.
Per approfondire:
ANCHE IN PIEMONTE È NATO UN “CLUSTER” DEL LEGNO
E ora una notizia che segna una tendenza, quella di puntare sui “Cluster del legno”.
Dopo le esperienze friulane dei Cluster “Legno Servizi” e “Legno-Arredo-Casa” e l’istituzione del Cluster Nazionale “Italia Foresta Legno”, in Piemonte lo scorso 19 novembre è stato firmato il protocollo d’intesa volto alla costituzione formale dell’Associazione “Cluster Legno Piemonte”. Tra i costituenti figurano i diversi attori regionali che animano e vivono tutti i livelli della filiera: CNA, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Confcooperative, Confindustria, Legacoop e UNCEM.
“Cluster Legno Piemonte si pone l’obiettivo di potenziare ulteriormente il sistema legno del Piemonte in chiave organizzativa, gestionale e comunicativa”, spiegano in una nota i protagonisti, “si procederà attraverso la promozione di attività di divulgazione e animazione all’interno e all’esterno del gruppo operativo, puntando maggiormente sulle attività di cooperazione, collaborazione e condivisione”.
“La Regione è pronta a fare la sua parte”, ha spiegato Marco Gallo, Assessore alla Montagna della Regione Piemonte, “uno dei punti qualificanti del Programma forestale regionale, che sarà l’elemento chiave per lo sviluppo delle politiche forestali nei prossimi dieci anni, ha come obiettivo individuare le azioni prioritarie per il sostegno alle filiere del legno con l’economia circolare come modello. Il tutto per rafforzare e innovare le imprese locali, promuovendo l’uso di legname made in Piemonte”.
“È un vero piacere osservare come il modello dei Cluster si stia facendo strada in Italia”, ha commentato Carlo Piemonte, direttore del Cluster Nazionale Italia Foresta Legno. “È un sistema ancora molto da scoprire quello dei Cluster, ma che risulta vincente per la concretezza che sa esprimere, fatta di progettualità strettamente collegate sia alle visioni politico-strategiche, sia alle esigenze delle imprese del comparto, capaci di stimolare azioni che, da soli, i singoli attori non potrebbero realizzare. In questa visione il Cluster è un vero e proprio strumento, una chiave per lavorare sia a livello territoriale che nazionale”.
Abbiamo parlato tanto, in queste Pillole, di nuove professionalità… aggiungiamo allora a quelle citate anche il “manager di un Cluster territoriale per la filiera foresta-legno”, un'altra figura che non si può certo improvvisare! Anche su questo, a partire dalle prime esperienze nazionali, occorrerebbe investire prima di tutto sulla formazione.
Per approfondire:
RIFLESSIONI DALLA COP16 SULLA BIODIVERSITÀ
Concludiamo, come sempre, con un consiglio di lettura, ascolto o visione.
Negli scorsi giorni a Baku, in Azerbaigian, è andata in scena la deludente (secondo molti analisti) COP29, la Conferenza delle parti dell’ONU sulla crisi climatica. Meno famosa, ma non meno importante, è anche la Conferenza sulla biodiversità biologica, che quest’anno si è svolta a Cali, in Colombia, dal 21 ottobre al 1 novembre. Nell’edizione appena conclusa, la sedicesima, erano presenti due realtà italiane che hanno portato a casa e pubblicato interessanti riflessioni, che quindi vi invitiamo a leggere.
Il primo resoconto viene Lorenzo Ciccarese - responsabile dell'area Conservazione di specie e habitat terrestri e sistemi agro-forestali dell'ISPRA, ed è stato pubblicato sul Bo Live, il magazine dell’Università di Padova. Ciccarese parla di tanti aspetti interessanti emersi a Cali, ma uno in particolare è a nostro avviso attualissimo anche per la realtà italiana: l’accesa discussione sui “crediti di biodiversità” che, come sappiamo stanno facendosi strada anche da noi.
Il secondo resoconto viene invece da Etifor, Spin-Off dell’Università di Padova. Di questo contributo ci ha colpito in particolare il racconto del dibattito nato attorno a due diversi approcci: “conservazione pura” o “biodiversità funzionale”? Vi proponiamo per concludere un piccolo estratto del testo, che in parte ricalca anche il dibattito attorno ai crediti di sostenibilità.
“La maggior parte delle discussioni della COP16 si è concentrata sulla creazione di progetti che si basano finanziariamente solo sugli esiti legati alla biodiversità; ad esempio, i progetti che generano reddito dalla vendita di crediti di biodiversità o compensazioni”, spiega Etifor, “in questi casi, non è inusuale sentir parlare della cosiddetta recinzione delle aree”. “Nonostante ci possano essere degli aspetti positivi rispetto a questo approccio, in Etifor crediamo che un’area naturale possa essere gestita in modo sostenibile (anche in termini finanziari) solo se si riesce a catturare la maggior parte dei suoi valori. Per quanto riguarda la biodiversità, dovremmo puntare a una gestione integrata che crei il giusto equilibrio tra conservazione della biodiversità, acqua, carbonio, energia, produzione alimentare e bioeconomia. La biodiversità non è confinata esclusivamente nelle riserve naturali; per questo qualsiasi progetto dovrebbe adottare un approccio ecosistemico e valorizzare i benefici della natura. Un approccio integrato garantisce che le azioni e i progetti siano sostenibili, generando un impatto duraturo”.
Per approfondire:
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