Pillole forestali

Pillole forestali dall’Italia #49 - Tutti chiedono legno, salute, biodiversità... e altre notizie di dicembre

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Pillole forestali dall'Italia puntata 49

Ciao a tutte e a tutti e benvenuti all'edizione numero 49 di “Pillole forestali dall’Italia”, l’appuntamento quindicinale che vi descrive e commenta 5 tra le principali notizie su foreste e legno in Italia selezionate dalla redazione di Sherwood, sia in forma scritta che come podcast.

Questa rubrica è sponsorizzata da PEFC Italia, FSC®Italia e UNIFOREST - Macchine forestaliche ringraziamo per consentire la diffusione gratuita dell'informazione forestale.

Preferisci ascoltare o leggere?

Ecco la versione PODCAST (la trovi anche su tutte le piattaforme come Spreaker e Spotify):

Qui invece le notizie da LEGGERE:

L’ITALIA HA UNA NUOVA CARTA FORESTALE

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Come vi abbiamo anticipato in precedenti edizioni delle Pillole, l’Italia si è dotata, quasi ottant’anni dopo la famosa Carta della Milizia forestale del 1936, di una nuova Carta forestale nazionale.

La Carta Forestale Italiana (CFI), riferita al 2020, è consultabile sul sito del SINFOR, il Sistema informativo forestale nazionale. È stata realizzata dal CREA Foreste e Legno su incarico della Direzione Foreste del Masaf attraverso la mosaicatura di cartografie tematiche già esistenti, regionali e locali. Si tratta di una dettagliata rappresentazione vettoriale basata sulle ortofoto AGEA a risoluzione geometrica di 20 cm.

La CFI permette di visualizzare, a scala 1:10.000, la superficie forestale nazionale distinta secondo tre diverse definizioni di bosco: quella del TUFF, quelle regionali e quella della FAO.

Per chi ne avesse bisogno, è stata prevista la possibilità di usufruire degli shapefile della Carta, possibilità che tuttavia non è ancora operativa. Abbiamo chiesto a Walter Mattioli, primo ricercatore del CREA Foreste e Legno che ha seguito i lavori della CFI, come avverà questo passaggio importante.

“Gli shapefile sono di proprietà del Masaf”, spiega Mattioli, “viste le moltissime richieste già arrivate appena uscita la Carta, è stato deciso di costruire una specifica piattaforma web in cui poterli scaricare gratuitamente. Questo sarà possibile attraverso un account privato, che verrà creato previa richiesta da parte dell’utente e autorizzazione del MinisteroIl sito sarà operativo tra poche settimane".

Vi terremo aggiornati su come poter scaricare questi dati, che ovviamente potranno avere numerose utilità sia per i professionisti che per le pubbliche amministrazioni, in special modo in questa fase storica caratterizzata da più livelli di pianificazione forestale che si stanno sviluppando contemporaneamente sui territori.  

Per approfondire:

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PICCHIO NERO, BOSTRICO E UTILIZZAZIONI FORESTALI

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Nella foresta di Paneveggio, in Trentino, la tempesta Vaia ha diminuito drasticamente la presenza di molti alberi contenenti nidi di picchio nero. Ma il 60% della popolazione di questa specie ha “approfittato” della conseguente epidemia di bostrico per costruire i nuovi nidi sulle piante parassitate. È quanto emerge da un articolo appena pubblicato sulla rivista internazionale Animal Conservation, che mette in luce i primi risultati di un progetto pluriennale nato dalla collaborazione tra MUSE - Museo delle Scienze di Trento, Parco Naturale di Paneveggio-Pale di San Martino e Università di Milano. 

Fino a qui nulla di problematico, se non fosse che, durante la fase di ripristino emergenziale dei territori colpiti, caratterizzata da utilizzazioni molto vaste e spesso svolte con macchine avanzate, buona parte degli alberi con cavità viene normalmente rimossa. Secondo gli autori dello studio si tratta di una potenziale “trappola ecologica” per la popolazione di picidi, che rischia nel medio-lungo periodo di subire un calo dovuto proprio a questa dinamica, naturale da un lato ma del tutto antropica dall’altro.

Per questo, vista l’importanza dei tronchi infestati da bostrico per i picchi neri, ma anche per altre specie nidificanti in queste piante, MUSE, Parco e Agenzia provinciale delle foreste demaniali hanno avviato nella foresta di Paneveggio una fase di sperimentazione che prevede l’individuazione, la marcatura e la tutela degli alberi bostricati con cavità. Questi alberi verranno individuati e poi marcati insieme a gruppi di 20-30 piante attorno ad essi. Questi gruppi saranno così preservati dal taglio, in modo da garantire la disponibilità di siti di nidificazione per il picchio nero, per le altre specie di picidi presenti e per le specie nidificanti secondarie, garantendo al tempo stesso i lavori di ripristino e la valorizzazione del legname restante. 

Questa notizia ci dimostra quanto sia possibile e necessario un dialogo costruttivo tra mondi che troppo spesso non si parlano o fanno fatica a farlo: quello dello studio e della conservazione della natura e quello delle utilizzazioni boschive. Discutendo attorno ai dati - e non alle opinioni o alle polemiche fini a sé stesse - è possibile trovare soluzioni efficaci e condivise.  

Per approfondire: 

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CORTECCIA E SALUTE

Notizia curiosa che arriva dal CNR e che sta nel mezzo tra il tema dei prodotti secondari del bosco e le attività di “forest care”, sempre più in voga.

Uno studio coordinato dall’Istituto per la bioeconomia del CNR e dall’Istituto Luke di Helsinki, in Finlandia, ha infatti rivelato le elevate proprietà antiossidanti, antibatteriche e antivirali dell’estratto di corteccia di abete rosso. I risultati della ricerca in vitro, a cui hanno partecipato altri partner italiani, finlandesi e statunitensi, sono stati pubblicati sulla rivista Separation and Purification Technology.

“Gli estratti della corteccia di abete rosso, ottenuti mediante la tecnica di cavitazione idrodinamica, sono dotati di elevate proprietà antiossidanti e antivirali rispetto a due tipi di virus, e di attività antibatterica particolarmente efficace nei confronti di diversi ceppi”, spiega Francesco Meneguzzo, ricercatore del CNR e supervisore dello studio, sottolineando che il metodo “si è rilevato efficiente, veloce, in grado di operare a basse temperature e anche con altri sottoprodotti, quali i rametti”.

Questa tipologia di estrazione non era stata mai utilizzata prima, per la mancanza di una tecnica che fosse in grado di restituire un prodotto sicuro per l’organismo e in grado di assicurare un adeguato ritorno economico. Meneguzzo spiega che quello messo a punto nello studio è un sistema tecnologico innovativo e completo, in grado di lavorare anche trentamila tonnellate di sottoprodotti in un anno. “Dopo una lunga sperimentazione e analisi complesse”, sottolinea il ricercatore, “siamo riusciti a identificare nel dettaglio quali potessero essere gli aspetti tecnici e di mercato determinanti per la sostenibilità economica dell’applicazione industriale”.

Questo risultato, come sottolinea il CNR nel comunicato che presenta lo studio, apre la strada ad una nuova branca della bioeconomia forestale, focalizzata su prodotti potenzialmente importanti per la salute umana e utilizzabili per il miglioramento degli alimenti o la realizzazione di integratori.

Oltre alle ricadute economiche, questo risultato potrebbe avere interessanti riscontri anche dal punto di vista comunicativo. Sarebbe bello poter leggere sempre più spesso, in farmacia o negli scaffali dei supermercati, di prodotti alimentari derivati da foreste gestite in modo sostenibile. Forse, avvicinandoci sempre più al mondo del benessere e del cibo, oggi così tanto sotto i riflettori, riusciremo finalmente a far comprendere a larga scala l’importanza della gestione forestale…

Per approfondire: 

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DUE RICHIESTE, UNA DOMANDA

Due diversi documenti, pubblicati negli scorsi giorni, ci spingono a una domanda che, giunti ormai a fine anno, lanciamo verso il 2025. 

Il primo documento è un interessante “Position paper” pubblicato dal Cluster Nazionale Italia Foresta Legno, in cui viene spiegato il potenziale, in buona parte ancora inespresso, del sistema foresta-legno “made in Italy”. Nel documento si chiede uno sforzo politico su 5 fondamentali pilastri con l’obiettivo di semplificare e valorizzare maggiormente l'utilizzo delle specie legnose tipiche dell'area mediterranea all'interno di filiere dal notevole impatto economicocome quelle delle costruzioni, dei pannelli e della chimica verde.

Insomma, utilizzare più legno nazionale in filiere innovative e dall’alto valore aggiunto, connesse ad un importante tessuto industriale e artigianale già presente in Italia.

Il secondo documento è un articolo a cura di AIEL - Associazione Italiana Energie Agroforestali, in cui viene spiegato come la strada tracciata dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima) e dalla REDIII (la nuova Direttiva UE sulla promozione delle fonti rinnovabili) indica che il futuro del calore sostenibile passa anche dalla valorizzazione delle biomasse legnose. Nell’articolo si spiega che la filiera foresta-legno-energia giocherà un ruolo decisivo nella transizione energetica in Italia, fornendo oltre il 43% del calore rinnovabile previsto al 2030. Nonostante ciò, secondo AIEL questo valore non sfrutta appieno il potenziale strategico delle biomasse legnose e sarebbe possibile accrescerlo in modo sensibile.

Anche in questo caso, la richiesta è di utilizzare più legno nazionale, per andare incontro alle esigenze energetiche della decarbonicazzione.  

A fronte di questi due documenti la domanda è tanto semplice quanto complessa: fino a che punto ci si può spingere per incrementare, in modo sostenibile, l’utilizzo di legno nazionale, e dove?

Senza dati e proiezioni affidabili, derivanti dai Programmi forestali regionali e dai Piani forestali di indirizzo territoriale, sarà davvero difficile impostare politiche serie per calare nella realtà queste richieste urgenti, condivisibili e anche tra loro potenzialmente compatibili attraverso un approccio a cascata.

La pianificazione non è un esercizio di stile, ma un passaggio centrale per dare corpo a politiche strategiche come quelle descritte. Se da un lato è necessario accelerare notevolmente questo processo, dall’altro è fondamentale che nei piani sia presente la risposta complessa alla semplice domanda che abbiamo posto.   

Per approfondire:

UN DOCUMENTARIO “SCOMODO”

E concludiamo, come sempre, con un consiglio di lettura, ascolto o visione. In questa edizione vi proponiamo un video “scomodo”, che farà storcere il naso a molti di voi come l’ha fatto storcere a noi. Ma crediamo sia importante rendersi conto di come il nostro settore e le sue attività sono osservati e giudicati da parte dell’opinione pubblica. Si tratta di un filmato, pubblicato da pochi giorni anche su Youtube, che negli scorsi mesi ha creato un accesissimo dibattito sul territorio toscano, a seguito di un tour di proiezioni in vari contesti rurali e cittadini.

“Boschi toscani: una scomoda verità” è un docufilm realizzato dal Gruppo Foreste del WWF Toscana per denunciare quella che, secondo l’associazione ambientalista, rappresenterebbe una cattiva gestione del patrimonio forestale regionale. Non si parla però di singoli tagli irregolari o mal eseguiti, ma sostanzialmente del governo a ceduo in quanto tale, molto presente in Toscana e additato come pratica obsoleta e non adatta alle sfide ambientali e climatiche dell’attualità. Ceduo che, tra l'altro, è previsto tra le pratiche di gestione sostenibile all'interno di schemi di certificazione di cui WWF è parte integrante. 

Come si evince dalla recensione del nostro Giammarco Dadà, che per Sherwood è andato a vedere la proiezione a Firenze in una sala gremita, questo documentario omette tantissimo per mostrare assai poco, solo ciò che è strategico per proporre una narrazione allarmista, studiata per alimentare dubbi sulla sostenibilità di questa forma governo.     

Ma se l’ambientalismo si ferma al “cosa” (no al ceduo!) senza approfondire il “come” e il “dove” (i vari modi di realizzare un ceduo in maniera corretta, moderna e nei contesti idonei) abbiamo tutti delle responsabilità.

Il buon proposito per l’anno nuovo che sta per arrivare è quindi questo: dopo aver visto il video, provate a non cedere alla tentazione di urlare improperi, ma chiedetevi piuttosto come provare ad instaurare un dialogo con chi vede la gestione forestale, e il ceduo in particolare, da quel punto di vista. E provate a farlo a partire dalle richieste finali del documentario, in parte condivisibili. 

Troppo spesso, come settore forestale, siamo silenti, incapaci di raccontare il nostro ruolo fondamentale per la società ma anche di denunciare apertamente ciò che non va

È questa, forse, la “scomoda verità” su cui occorre riflettere.   

Per approfondire:

Per questa edizione di Pillole forestali dall'Italia è tutto!

Vi segnaliamo però un'importantissima novità. 

Da pochi giorni, alle quindicinali "Pillole forestali dall'Italia" si sono affiancate le "Pillole forestali dal mondo", realizzate a cadenza mensile dal Direttore Paolo Mori.

Due approcci diversi, ma con lo stesso obiettivo di fondo: dare la possibilità a voi che ci seguite di rimanere costantemente informati e aggiornati, per essere sempre "un passo avanti" nel vostro lavoro grazie a spunti, idee, riflessioni e alla conoscenza del contesto e del dibattito che si sviluppano attorno ai temi forestali.

Come per le Pillole forestali dall'Italia, anche quelle dal mondo sono gratuite e si possono sia leggere che ascoltare in versione podcast, per informarvi anche facendo altro.

Si tratta di un traguardo a cui pensiamo e lavoriamo da tempo che finalmente si è realizzato: l'invito è quindi di inserire anche Pillole dal mondo nella vostra routine informativa... possiamo garantirvi che fanno bene e non hanno alcun effetto collaterale!

Vi ricordiamo che anche voi potete contribuire a questa rubrica, inviando notizie di attualità su foreste e legno all'indirizzo:  

Alla prossima edizione! 

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