Addio al “doppio vincolo” paesaggistico sugli interventi selvicolturali
Approvato l'emendamento che toglie il doppio vincolo ai boschi che ricadono in aree di interesse...
Questa è l'introduzione del DOSSIER pubblicato sul numero 265 di Sherwood | Foreste e Alberi oggi, la versione integrale è disponibile solo per gli abbonati nella versione cartacea, nella APP e sul sito, come sfogliabile, mentre attendete che la vostra copia arrivi a casa. Abbonandoti non solo avrai accesso a questo e ad altri contenuti riservati ma contribuirai a sostenere tutto il lavoro della Redazione di Sherwood. Visita la sezione dedicata agli abbonamenti cliccando qui.
di Silvia Bruschini - Redazione di Sherwood
La gestione forestale nel nostro Paese ha per oggetto realtà molto complesse; vuole infatti perseguire la “multifunzionalità” considerando gli aspetti socio-economici, quelli di protezione e di conservazione della natura nonché contribuire all’adattamento ai cambiamenti climatici, salvaguardando il paesaggio e, ovviamente, rispettando le normative ed i vincoli presenti. Non è sempre facile sintetizzare e concretizzare tutto questo e quando una buona pratica o una realtà territoriale ci riesce crediamo sia utile diffonderla ed approfondirne la conoscenza.
È il caso del progetto LIFE GRANATHA - GRowing AviaN in Apennine’s Tuscany HeathlAnds, oggetto di questo Dossier, che a nostro avviso rappresenta un “esempio da manuale” di gestione sostenibile e di sintesi equilibrata tra esigenze di conservazione di habitat e specie, mantenimento del paesaggio, promozione di attività economiche e protezione da rischi naturali.
Obiettivo del progetto è stato il recupero dell’habitat 4030 “lande secche europee”, ovvero le brughiere ad eriche, importanti per la vita e la riproduzione di diverse specie di uccelli tutelate dalle direttive europee. In queste aree, come in molte altre dell’Appennino, lo spopolamento e la cessazione della tradizionale gestione agro-pastorale del territorio, ha portato ad una graduale scomparsa della brughiera a favore dell’ingresso spontaneo del bosco: un cambiamento antropologico e paesaggistico epocale, che ha fatto regredire costantemente l’habitat 4030, incrementando inoltre il rischio incendi, una problematica molto sentita in questa zona.
Il Progetto GRANATHA, nell’ottica di ripristinare l’habitat 4030 a fini conservativi, ma anche in risposta a vincoli paesaggistici e per diminuire il rischio incendi, ha realizzato interventi di ringiovanimento degli ericeti sia attraverso decespugliamenti che attraverso l’utilizzo di fuoco prescritto, ma non solo. Per garantire la sostenibilità futura di questi interventi, si è puntato sul recupero della filiera, tradizionale e locale, della produzione di scope di erica. A questo proposito non possiamo fare a meno di notare la “genialità” e la “capacità di marketing” dei promotori del progetto che, nell’acronimo GRANATHA, sono riusciti a richiamare il nome con cui in Toscana si chiamano proprio le scope di erica: le “granate”, prodotti tradizionali ma al contempo funzionali ed “ecologici”, utilizzati storicamente per la pulizia delle strade cittadine.
Un’ulteriore importante attività è stata quella di sensibilizzazione nel territorio, in particolare nelle scuole, finalizzata non solo a far conoscere la valenza ambientale delle brughiere del Pratomagno, ma anche a recuperare la memoria dei paesaggi tradizionali e delle attività artigianali: un tema che si interseca anche con il Focus di questo stesso numero. Altra ricaduta particolarmente importante è stata l’esperienza del fuoco prescritto, che grazie alla sperimentazione svolta è stato riconosciuto, nel Regolamento forestale della Toscana, come pratica utilizzabile a fini naturalistici. GRANATHA è stato inoltre selezionato tra le 9 esperienze raccolte nel documentario “FIRE-SMART stories” sulla prevenzione innovativa degli incendi nel Sud Europa.
Negli articoli che seguono sarà possibile scoprire ulteriori dettagli del progetto e soprattutto i risultati e le indicazioni emerse, come ad esempio i criteri e le buone pratiche per la gestione degli ericeti, essenziali nell’ottica della replicabilità in contesti simili. Ciò che a noi preme però evidenziare è l’approccio “olistico” di questo progetto, che per quanto geograficamente limitato riesce a spaziare dalla conservazione alla bioeconomia, dal recupero della tradizione alla realizzazione di prodotti green, dall’educazione ambientale alla formazione delle maestranze impegnate nell’antincendio boschivo, da piccole realtà montane a grandi realtà cittadine nelle cui strade le “granate” potrebbero sostituire le scope di plastica. Un progetto che dimostra, in definitiva, come obiettivi tra loro troppo spesso messi forzatamente in contrasto possano essere portati avanti in perfetta sinergia, grazie ad una visione ampia e ad un approccio concreto ed inclusivo.
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