Pillole forestali dall’Italia #19 - Alla ricerca di aree per piantare e altre notizie di maggio
Ciao a tutte e a tutti e benvenuti alla diciannovesima edizione di “Pillole forestali dall’Italia”, l’appuntamento quindicinale che vi descrive e commenta 5 tra le principali notizie su foreste e legno in Italia selezionate dalla redazione di Sherwood, sia in forma scritta che come podcast.
Questa rubrica è sponsorizzata da PEFC Italia e FSC®Italia, che ringraziamo per aver scelto di sostenere il nostro lavoro.
Preferisci ascoltare o leggere?
Ecco la versione PODCAST (la trovi anche su tutte le piattaforme come Spreaker e Spotify):
Qui invece le notizie da LEGGERE:
PIANO FORESTAZIONE URBANA PNRR: CHIAMATA ALL’AZIONE
Vi ricordate la polemica scatenata su molti giornali a seguito di una delibera della Corte dei Conti che aveva sollevato un dubbio sulla rendicontazione del Piano di forestazione urbana finanziato dal PNRR? Ne abbiamo parlato nella puntata 15 di questa rubrica. In pratica, il dubbio che la Corte chiedeva di fugare al più presto al MASE - Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, era la possibilità di rendicontare alla Commissione Europea i semi piantati in vivaio al posto delle tantissime piante che, in teoria, dovevano essere messe a dimora nelle città italiane. Questa storia dei semi al posto delle piante aveva suscitato molte reazioni negative sui giornali, prestandosi ad essere rappresentata come una “scappatoia all’italiana”.
Ebbene, dopo alcune settimane il MASE ha reso noto che il dubbio è stato risolto positivamente: da parte della Commissione Europea e della Corte dei Conti c’è stato il via libera a proseguire il Piano di Forestazione contabilizzando anche la produzione di piante in vivaio, da mettere a dimora successivamente.
La magistratura contabile ha chiesto al MASE di: “Proseguire e accelerare l’esercizio proattivo delle proprie funzioni di vigilanza e controllo nei confronti dei soggetti attuatori beneficiari delle risorse PNRR per la tutela e la valorizzazione del verde urbano ed extraurbano”, suggerendo altresì di attuare un “monitoraggio continuo del relativo stato di avanzamento così da prevenire eventuali ritardi o criticità tali da compromettere il raggiungimento del target finale”.
“Bene così” - sembra insomma dire la Corte dei Conti - “ma accelerate e controllate che effettivamente quei semi siano diventati piante e che le stesse vengano poi messe a dimora”.
A seguito di questa notizia il Prof. Carlo Blasi, Ordinario di ecologia vegetale all’Università La Sapienza di Roma nonché componente del gruppo di lavoro per la programmazione e l’attuazione del PNRR in materia di forestazione urbana, ha lanciato una “chiamata all’azione” pubblicata anche sul sito web di SISEF - Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale.
Blasi, dopo aver puntato il dito contro la stampa per il modo in cui è stata commentata la notizia, a suo avviso: “in modo poco qualificato con affermazioni totalmente prive di basi scientifiche”, invita tutti i colleghi a farsi promotori del futuro del Piano: “Fatevi sentire nelle Città Metropolitane e stimolate i Comuni interni alle Città Metropolitane perché mettano a disposizione le aree per il prossimo target. Ovviamente i rimboschimenti devono interessare aree degradate e ambiti sottoposti a elevati livelli di inquinamento atmosferico. Il Piano di Forestazione di questa misura del PNRR (ripreso dalle linee guida europee) precisa chiaramente di non intervenire in habitat di interesse conservazionistico, aree protette, sistemi agricoli rurali o di elevato interesse agronomico”.
Insomma, dopo il via libera di Commissione e Corte dei Conti ora è il momento dell’azione. Dopo l’avvio della fase di produzione vivaistica che, come abbiamo scritto, aveva un senso pratico in assenza di materiale certificato da mettere a dimora, è ora urgente sciogliere il nodo delle superfici, come sottolinea Blasi.
I target del Piano sono però davvero ambiziosi e non sarà affatto facile trovare i luoghi idonei dove mettere a dimora le centinaia di migliaia di piante previste. Forse uno dei punti critici sta proprio nell’unità di misura scelta per questo target, ovvero il numero di piante: un obiettivo che rischia di non coincidere con gli spazi, spesso risicati, disponibili nelle grandi aree urbane degradate da ripristinare. Speriamo che la progettazione sia fatta a dovere e che per quelle centinaia di migliaia di piante che stanno crescendo in vivaio venga garantito lo spazio idoneo per crescere, una volta messe a dimora.
L’obiettivo è quello di avere alberi sani e vigorosi, non solo numeri da rendicontare.
Per approfondire:
IL TRENO DEL LEGNO
Dall’Alto Adige un’interessante novità: la settimana scorsa è partito, in direzione nord, il primo “treno del legno”. Il 25 maggio, infatti, alla stazione di Bolzano, si è tenuta l’inaugurazione del primo convoglio ferroviario dedicato al trasporto del legname, frutto di un accordo tra la Ripartizione Provinciale Mobilità della Provincia Autonoma di Bolzano e le compagnie ferroviarie RFI, ÖBB e RTC.
L’accordo ha permesso la creazione di due binari supplementari dedicati specificatamente al carico di legname su treni merci da 18 vagoni ciascuno (corrispondenti a circa 40-45 camion) in grado di effettuare tre viaggi a settimana verso le segherie del Tirolo.
L’iniziativa nasce dall’urgenza di immettere sul mercato l’enorme quantitativo di legname accumulato a seguito della tempesta Vaia, degli schianti da neve del 2019 e, soprattutto, dall’attuale drammatica emergenza relativa alla pullulazione del bostrico. A causa della straordinaria rimozione di materiale legnoso degli ultimi anni si sono verificate non solo problematiche commerciali, ma anche ripercussioni sul settore dei trasporti, con strade spesso congestionate dal traffico per la presenza di numerosi autotreni carichi di tronchi.
René Zumtobel, assessore ai Trasporti del Tirolo, si è dichiarato soddisfatto del successo di questo progetto transfrontaliero: “Per trasportare le merci su rotaia è necessaria una stretta collaborazione tra aziende, operatori ferroviari e amministrazioni.” - ha sottolineato l’Assessore - “Il trasporto di legname che è stato ora realizzato dimostra che tali progetti possono essere concretizzati anche in tempi relativamente brevi se tutti perseguono un obiettivo comune”.
Spesso, davanti a dinamiche emergenziali come quelle che affliggono i boschi alpini in questi anni, abbiamo difficoltà ad immaginare e mettere in pratica soluzioni innovative e intersettoriali, basate sul coinvolgimento di enti ed istituzioni diverse, che spesso non collaborano assieme. Questo del “treno del legno” è davvero un ottimo esempio di collaborazione positiva che porta a più benefici: vendita di grandi quantitativi di legname altrimenti non assorbibili dalle segherie locali, ma anche diminuzione del traffico pesante dalle strade e riduzione delle emissioni.
Certo, rimane un pizzico di amaro in bocca vedendo i treni partire soltanto verso nord, data la ridotta capacità di lavorazione delle poche segherie rimaste in Italia. Viene da citare una delle più note canzoni italiane, “Azzurro” di Paolo Conte, resa popolare da Adriano Celentano: “Il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va”.
Per approfondire:
IL PRIMO BOSCO VETUSTO
Da pochi giorni è uscito il volume “Nature Conservation in Europe”, un testo aggiornato e completo sulla conservazione della natura in Europa, pubblicato dalla Cambridge University Press. Per quanto riguarda l’Italia la situazione delineata dallo studio appare abbastanza critica: “Nonostante trent’anni di politica attiva” - si legge nel comunicato stampa di presentazione del volume - “una percentuale significativa degli habitat naturali del nostro Paese è ancora minacciata o in declino”.
Di quali habitat si parla? Secondo lo studio gli habitat italiani maggiormente minacciati sono quelli dunali (71% delle valutazioni), di acqua dolce (47%) e di prateria (39%). Gli habitat forestali non appaiono tra quelli maggiormente a rischio, anche se essi sono direttamente interconnessi a quelli citati, basti pensare al “conflitto” tra aree aperte di prateria o brughiera e l’avanzamento naturale del bosco a seguito della cessazione di attività agro-silvo-pastorali. Per questo occorre ovviamente promuovere un monitoraggio costante degli habitat, spesso purtroppo carente, e mantenere attive politiche di conservazione efficaci.
A questo proposito è interessante segnalare che in Abruzzo, una delle Regioni Italiane più interessata da aree protette forestali, nella Giornata Europea dei Parchi, il 24 maggio scorso, è stato presentato quello che molto probabilmente diventerà il primo bosco vetusto d’Italia ad entrare a far parte dell’elenco istituito dal Masaf: l’Abetina di Rosello, in provincia di Chieti.
In questo luogo particolare, durante un workshop promosso dalla Direzione Foreste del Masaf e dalla Rete Rurale Nazionale, è stato dato l’avvio al percorso di costruzione della “Rete dei Boschi Vetusti d’Italia”. Un cammino interessante sulla strada della conservazione che tuttavia, come ha sottolineato Paolo Mori in un articolo dello scorso anno su questo stesso sito e come abbiamo ribadito nella presentazione di un recente Focus di Sherwood, necessiterà di forte coordinamento tra le Regioni, di serie riflessioni tecnico-scientifiche, di risorse dedicate e di regole chiare, per non trasformare un’importante opportunità di conservazione in un freno alla Gestione Forestale Sostenibile.
In occasione della presentazione della candidatura del primo bosco vetusto d’Italia vi proponiamo nuovamente queste riflessioni.
Per approfondire:
PERCHÉ RISCALDARSI CON IL LEGNO?
Forse, con i primi caldi in arrivo, il tema non è dei più sentiti ma... vi siete mai chiesti cosa spinge i cittadini italiani a passare ad un sistema di riscaldamento a biomasse legnose?
A questa domanda, per nulla scontata, prova a rispondere un’interessante analisi condotta da SWG per conto di AIEL - Associazione Italiana Energia Agroforestali, che analizza i driver di scelta e le barriere all’acquisto dei consumatori che hanno deciso, o decideranno a breve, di cambiare sistema di riscaldamento.
Innanzitutto, secondo quanto emerso dall’indagine, quasi il 60% del campione considera la scelta di un dispositivo a legna e pellet non come sostituzione, ma come integrazione di altri sistemi di riscaldamento. Il 34%, la maggioranza degli intervistati, privilegia le stufe a legna, seguite però a brevissima distanza da quelle a pellet (33%).
Tra le motivazioni principali che spingono gli italiani a integrare o sostituire il proprio sistema di riscaldamento con uno a biomassa legnosa vi è principalmente la possibilità di risparmio economico, a cui si è dichiarato interessato il 46,8% del campione. Per un terzo circa degli intervistati la scelta deriva invece dalla piacevolezza e dall’intensità del calore prodotto dal legno (come dargli torto!), mentre l’interesse verso la riduzione dell’impatto ambientale è prerogativa di solo un quinto circa degli intervistati (17%). Da notare però come la componente tecnologica, che comprende molto spesso anche soluzioni per ridurre l’inquinamento atmosferico, sia d’interesse per il 25% circa del campione.
Annalisa Paniz, direttrice generale AIEL, ha commentato i dati sottolineando che: “l’impegno del settore nell’innovazione tecnologica è stato riconosciuto e premiato dal mercato, anche in relazione all’emanazione di normative regionali di utilizzo sempre più stringenti dal punto di vista dei livelli emissivi”. Oltre a questo aspetto, sicuramente centrale, è chiaro però come la competitività economica dei biocombustibili giochi ancora un ruolo fondamentale. La sfida, quindi, per tutto il settore del riscaldamento a biomasse legnose, sarà di riuscire da un lato a mantenere prezzi concorrenziali della materia prima, continuando, dall’altro, la grande accelerazione tecnologica che ha caratterizzato questi ultimi anni.
Speriamo che a questi due elementi decisivi per la scelta dei consumatori se ne affianchino sempre di più anche altri: la provenienza locale della materia prima, la garanzia di una sua origine legale e sostenibile, la certificazione di qualità dei biocombustibili. Aspetti che oggi interessano probabilmente solo in piccola parte i consumatori finali e sui quali, di conseguenza, occorrerebbe investire di più attraverso una maggiore sensibilizzazione.
Per approfondire:
LEGNO STAMPATO
La curiosità finale di queste pillole è qualcosa che ci allontana un po’ dalle foreste ma che rappresenta comunque, a nostro avviso, un’interessante e ottima notizia per noi appassionati di legno e sostenibilità.
È stata infatti presentata, negli scorsi giorni, la prima stampante 3D in grado di utilizzare polvere di legno per realizzare componenti fisici tridimensionali a partire da materiale di scarto di segherie e industrie. Si tratta di un’innovazione in parte anche italiana, perché la stampante, prodotta da una casa statunitense, sarà distribuita nel nostro Paese da un’azienda bolognese parte del gruppo trevigiano Solid World Group, che possiede il software necessario al suo funzionamento. Un software fondamentale, perché permette sia la progettazione dei pezzi da stampare che la gestione del processo additivo, una combinazione tra il polimero organico della lignina e la normale segatura.
Tra i più importanti settori di utilizzo ci sarà quello automobilistico, dove la stampante 3D potrà realizzare le parti interne delle vetture. Ma la stampante permetterà di produrre oggetti in legno con proprietà isotrope, ovvero uniformi in tutte le direzioni, utilizzabili per oggettistica o componentistica in svariati altri settori, come quelli del design, dell’arredamento e della produzione di strumenti musicali.
La prima realtà ad utilizzare la stampante in Italia sarà Trentino Sviluppo, una società di sistema della Provincia Autonoma di Trento che la utilizzerà già a partire da questa estate all’interno dei laboratori del centro di sviluppo prototipi del Polo Meccatronica di Rovereto, per attività di ricerca industriale.
Ma quanta segatura servirà per produrre gli interni di mille automobili? E quanto sarà sostenibile l'intero processo produttivo?
Staremo a vedere, ma nel frattempo già immaginiamo pubblicità e cataloghi di automobili in cui non si parla solo di consumi e comfort di guida, ma anche di filiere del legno e gestione forestale. Può sembrare qualcosa di fantascientifico e forse lo è ma... il fatto che la prima sperimentazione avvenga in Trentino, dove la cultura forestale non manca, ci fa ben sperare!
Per approfondire:
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