L’annuale scontro sul taglio dell’albero di Natale del Papa… e una proposta alternativa
di Luigi Torreggiani e Andrea Barzagli
Anche quest’anno siamo entrati nel periodo natalizio: ce ne accorgiamo dagli scaffali dei supermercati che si riempiono di panettoni e pandori, dai primi addobbi nelle vetrine e per le vie delle città e… dall’ormai classico scontro sull’albero di Natale.
Oltre alla sempreverde questione “albero vero VS albero finto” (qui una scheda a cura del dipartimento DAGRI dell’Università degli Studi di Firenze sulla scelta responsabile) negli ultimi anni si è affermata un’altra contestazione che, alla stregua di “Una poltrona per due”, riemerge puntualmente con l’approssimarsi delle festività natalizie. Riguarda la scelta e l’abbattimento dell’albero destinato a Piazza San Pietro e, più in generale, di tutti quei grandi alberi tagliati per essere posizionati nelle piazze delle città.
La tradizione per cui alcuni comuni d’Italia (e non solo) donano l’albero destinato a Piazza San Pietro viene da lontano, ma solo negli ultimi anni ha iniziato ad incontrare l’opposizione di singoli cittadini e gruppi ambientalisti che, talvolta con argomentazioni alquanto grottesche, hanno iniziato a criticare aspramente questa pratica. Trascurando l’approccio, spesso ricco di informazioni parziali e faziose, bisogna però riconoscere un fatto: c’è una fetta di popolazione, sempre più vasta, secondo la quale questa tradizione non ha più senso di esistere.
LE CONTESTAZIONI DEL 2022
L’anno scorso fu il turno di Andalo, comune trentino dal quale proveniva l’abete rosso che è stato oggetto di critiche di ogni tipo, dal valore naturalistico dell’albero, alla CO2 emessa per il suo trasporto a Roma, fino ad un video in cui è stato addirittura fatto ascoltare “il lamento” dell’abete che “lentamente moriva” sotto gli occhi di tutti all’ombra del Cupolone.
Quest’anno, invece, la storia si è spostata più a Sud. La cronaca dei giorni scorsi ci parla di un abete bianco (30 metri di altezza e circa 200 anni di età) la cui ubicazione - uno dei nodi centrali del caso mediatico che si è sviluppato - rimane contesa fra i territori dei confinanti comuni di Rosello (Abruzzo) e Agnone (Molise). Alcuni anni fa il Comune di Roselle aveva comunicato al Vaticano il desiderio di donare un albero natalizio per Piazza San Pietro ma quest’anno, arrivato finalmente il suo turno, con l’albero già transennato e pronto all’abbattimento, tutto è stato bloccato in seguito alle segnalazioni di un avvocato di Pescara, fotografo e ambientalista, che recatosi sul posto ha fatto notare come l’albero fosse ubicato in realtà in territorio molisano (e non abruzzese) e che quindi le autorizzazioni per il taglio non potessero essere considerate valide. Il territorio molisano in questione ricade infatti in un SIC (Sito di Importanza Comunitaria), dove per svolgere le attività di gestione devono essere rispettati precisi iter autorizzativi. Un pasticcio tecnico-amministrativo che ha dato forza alla "battaglia" per salvare l’abete, probabilmente anche fondata in questo preciso contesto naturalistico!
Sono quindi intervenuti i Carabinieri Forestali, c’è stato un confronto tra i sindaci dei due comuni e, dopo un primo momento di panico, caratterizzato da titoli di giornale del tipo “Il Papa rischia di rimanere senza albero di Natale”, si è ripiegato su un abete di circa sessant'anni proveniente dal vivaio di Palena della Regione Abruzzo, il cui abbattimento era già stato precedentemente autorizzato (in data 11 ottobre 2022) proprio per questo scopo! Un abete che, come dimostra il documento di autorizzazione al taglio di cui siamo venuti in possesso, risultava instabile e quindi a rischio di crollo su un'infrastruttura.
Salvo l’abete bianco bicentenario e salvo il Natale di Piazza San Pietro: tutti contenti quindi!? No.
FUTILI MOTIVI?
La soluzione trovata - abete più giovane, cresciuto in vivaio - non è comunque piaciuta a chi contesta a prescindere il taglio di un albero con l’obiettivo di porlo per un mese nella piazza più nota del mondo in qualità di uno dei simboli tradizionali del Natale. Perché il tema di fondo dei contestatori è un altro, uno solo, ed è radicale: abbattere un albero, qualsiasi albero, per ragioni futili, è sempre sbagliato.
Proviamo ad andare oltre il caso specifico di Rosello e dell'abete attualmente in Piazza San Pietro, un abete (la "seconda scelta", quello del vivaio) che in quanto instabile sarebbe stato comunque da utilizzare.
In generale, per rispondere a queste posizioni, spesso ideologiche, bisognerebbe contestualizzare bene la situazione forestale nazionale, spiegare che il taglio di qualche decina di abeti all’anno per le piazze non solo del Vaticano, ma anche di molte delle nostre città, ha un impatto minimo, praticamente nullo, sull’ambiente e la biodiversità; che le foreste continuano ad essere tante, ad incrementare di superficie e volume anno dopo anno, con centinaia di migliaia di nuovi alberi che rinascono spontaneamente; che i problemi veri e urgenti su cui occorrerebbe impegnarsi in serie battaglie ambientaliste sarebbero ben altri… ma, come accaduto negli scorsi anni, non si arriverebbe probabilmente a nulla, perché la contestazione si basa sulla presunta “sacralità” degli alberi, che quindi possono essere tagliati solo se necessario, per rispondere a bisogni primari ed esclusivamente in assenza di alternative meno impattanti.
Provando a cambiare il punto di vista, in effetti, l’utilizzo di grandi abeti come addobbi natalizi non è certo qualcosa di strettamente necessario e utile alla società; ne potremmo tranquillamente fare a meno insomma, così come delle luci natalizie, che hanno sicuramente un impatto ambientale ben maggiore di quello derivato dall’abbattimento di qualche decina di abeti all’anno.
Ma gli alberi di Natale, come le luci, sono simboli, e tutte le società conservano legami con simbologie, atmosfere e tradizioni, che per molte persone non rappresentano affatto “futili motivi”. Il dono dell’albero di Natale al Papa, poi, è anche una forma di narrazione capace di promuovere i territori montani o comunque di porre l’attenzione su alcune storie poco note e meritevoli di essere raccontate. Ad esempio, nel caso dell’abete di Rosello (o di Agnone, chissà!), in pochi hanno sottolineato che una delle “storie dietro l’albero” è collegata ad una struttura riabilitativa psichiatrica, Il Quadrifoglio, che ha realizzato insieme ai suoi ospiti gli addobbi destinati all’albero del Papa. Storie di comunità che purtroppo sono state completamente oscurate dalla polemica sul taglio o meno della pianta secolare.
UNA PROPOSTA ALTERNATIVA
E allora ci sentiamo di lanciare una provocazione che è al tempo stesso una proposta alternativa, da alcuni già sperimentata a dire il vero, ma non con il nostro fine. Un’idea che mantiene il simbolo - l’albero - e il suo storico valore tradizionale - in cui le comunità rurali sono protagoniste nel donarlo alle città - ma che al tempo stesso non può (almeno a nostro avviso!) configurarsi come un “inutile spreco” ma anzi, al contrario, come un’innovazione basata sulla sostenibilità.
Proponiamo la sostituzione del classico grande abete per le piazze natalizie con alberi di Natale da realizzarsi COMPLETAMENTE IN LEGNO: opere d’arte create con materia prima rinnovabile e certificata che sarebbe stata comunque utilizzata secondo i piani di Gestione Forestale Sostenibile.
Immaginate l’esempio più lampante, quello del Vaticano: ogni anno una segheria potrebbe donare al Papa una parte dei propri prodotti che un designer, o un artista, assemblerebbe per realizzare un albero sempre diverso, innovativo e altamente simbolico. Unica regola: prevedere nella progettazione anche il riuso o il riciclo del legno dell’opera, che dovrà obbligatoriamente diventare, dopo il Natale, qualcosa di utile: panche, tavoli, sedie o altri manufatti, libero spazio alla fantasia!
Sarebbe un’enorme sfida annuale di ingegno e creatività, richiamerebbe turisti e appassionati da tutto il mondo e soprattutto racconterebbe non solo un territorio rurale, come avviene oggi con l’abete di Natale, ma anche un’intera filiera. Noi già ci immaginiamo una bella mostra fotografica, proprio in Piazza San Pietro, dove sotto all’albero-opera d’arte in legno certificato, fotografi e scrittori potrebbero raccontare il percorso di questa materia prima rinnovabile: il bosco d’origine e la sua gestione, i tecnici e l’impresa boschiva, il tipo di legno e la segheria, per arrivare infine alla progettazione, alla realizzazione e al riuso o riciclo.
Una storia completa, positiva e avvincente, dove l’uso del legno in alternativa a materie prime non rinnovabili sarebbe al centro di una lunga narrazione di comunità, che inizierebbe ben prima del Natale e proseguirebbe molto oltre. Qualche polemica ci sarebbe comunque, lo sappiamo bene. Ma siamo convinti che comprensori forestali, segherie, designer e artisti da tutto il pianeta farebbero a gara per partecipare a questa sfida e che “l’albero-opera d’arte in legno” potrebbe diventare una vetrina straordinaria per chi, ogni giorno e all'oscuro del circo mediatico, è impegnato nella cura del patrimonio forestale nazionale.
Che sogno, eh?
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