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Le foreste nel Regolamento UE Carbon Removal Certification: più problemi che soluzioni?

Le foreste nel Regolamento UE Carbon Removal Certification:  più problemi che soluzioni?
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This is a pivotal moment for carbon markets. In order to scale the critical funding required for carbon sequestration at a planetary scale, we must ensure integrity, transparency, and real benefits for local communities and biodiversity. A new generation of innovative players is collaborating with standard bodies, academics, corporates, and communities, creating a new era of carbon markets that gives me hope”
Diego Saez Gil

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21 Novembre 2023: il Parlamento Europeo ha approvato il Regolamento Carbon Removal Certification con modifiche, anche significative, rispetto alla proposta della Commissione Europea.

Il Parlamento Europeo, infatti, fa riferimento a 3 diverse attività: 

  • il "Carbon Removal": termine utilizzato per il solo stoccaggio geologico; 
  • il "Carbon Farming" termine riferito all'agricoltura ma anche alle attività forestali; 
  • lo "stoccaggio del carbonio nelle attività produttive" per i prodotti in legno.

La rimozione del carbonio dai prodotti in legno rimane quindi nel regolamento nonostante la lobby esercitata da una parte del mondo ambientalista durante la discussione al Parlamento.
Per queste tre attività esistono diversi criteri di permanenza, ma anche diversi requisiti in termini di co-benefici. Sembra che si stia andando verso 3 mercati separati dei crediti di carbonio

Alcune modifiche rilevanti nel nuovo testo del Regolamento:

  • La Commissione sarà responsabile di un “Registro dell’Unione”, per garantire la trasparenza del sistema, fornire informazioni al pubblico ed evitare il rischio di frode e di doppio conteggio. Sembra non esserci quindi un grande futuro per gli schemi nazionali.
  • Affinché un’attività possa essere considerata “carbon farming” deve portare a riduzioni delle emissioni per un periodo di almeno cinque anni. I requisiti di base per la Carbon Farming sono più stretti e meglio definiti; ad esempio, è richiesto una addizionalità e un approccio LCA rigorosi per definire gli effetti netti nella riduzione delle emissioni di carbonio (le Buone Pratiche Agricole previste dalla PAC non possono generare crediti).
  • Il Regolamento afferma "le monocolture forestali, che producono effetti dannosi per la biodiversità, non saranno ammissibili alla certificazione". In questo caso c’è una mancanza di chiarezza: non tutte le monocolture forestali sono ammissibili perché sono dannose per la biodiversità oppure solo quelle monocolture dannose per la biodiversità non sono ammissibili?
  • Per garantire lo stoccaggio del carbonio a lungo termine, la certificazione dello stoccaggio nei prodotti legnosi deve inizialmente essere limitata ai prodotti in legno o ai materiali da costruzione che immagazzinano carbonio per almeno cinque decenni.

di Davide Pettenella, Giulia Corradini, Maria Giulia Pelosi

Il mercato delle compensazioni delle emissioni climalteranti necessita di regole chiare e rigorose basate su un nuovo rapporto tra le istituzioni e gli operatori del settore. Con questo obiettivo la Commissione Europea, il 30 novembre scorso, ha adottato una proposta di Regolamento per la costituzione di uno schema volontario di certificazione degli assorbimenti di carbonio, basato su standard omogenei a livello europeo e criteri di alta qualità.
Benché gli specifici standard relativi allo  schema di certificazione siano ancora da definire, è comunque importante capire il contesto, i principi, le caratteristiche e anche le criticità del Regolamento Carbon Removal Certification  soprattutto in questo momento di forte dibattito sulla possibilità o meno di generare crediti dai prodotti forestali con lungo ciclo di vita. Scelta che avrà inevitabilmente forti impatti sulle modalità di gestione dei boschi europei.

Il settore AFOLU nella mitigazione

Le attività legate all’agricoltura, selvicoltura e altri usi del suolo (Agriculture, Forestry and Other Land Uses - AFOLU) ricoprono un ruolo importante nella mitigazione dei cambiamenti climatici. Il potenziale di mitigazione in questo settore, infatti, consiste sia nell’aumento degli assorbimenti di gas serra negli ecosistemi, sia nella riduzione delle emissioni attraverso la gestione della vegetazione, dei suoli e del bestiame. Di conseguenza, alla luce degli obiettivi per il clima presenti a livello europeo ed internazionale, le attività AFOLU, chiamate anche Natural Climate Solutions (NCS) (Griscom et al. 2017), hanno assunto oggi una rilevanza significativa sia nelle strategie e politiche pubbliche, sia nel settore privato (Seddon et al. 2020).
Negli ultimi 15 anni, a livello globale, i finanziamenti destinati ai progetti di riduzione e stoccaggio di carbonio negli ecosistemi sono cresciuti significativamente (Forest Trend’s Ecosystem Marketplace 2021). Per un approfondimento sui crediti di carbonio come meccanismo di compensazione si veda il Box 1.

Box 1. I crediti di carbonio come meccanismo di compensazione.

I crediti di carbonio sono senza dubbio lo strumento volontario di compensazione più utilizzato dalle organizzazioni private per adempiere ai target climatici. Sono collegati ad investimenti che vengono sempre più spesso certificati da organismi accreditati e che si basano su standard indipendenti, specifici per il mercato del carbonio e definiti da:

  • organismi internazionali intergovernativi nell’ambito di trattati internazionali, come il sistema di accreditamento previsto dall'articolo 6.4 dell'Accordo di Parigi, che succede al Clean Development Mechanism (CDM) della Convenzione Quadro per i Cambiamenti Climatici (United Nation Framework Convention on Climate Change - UNFCCC) precedentemente istituito dal Protocollo di Kyoto (ora terminato); i governi nazionali o subnazionali che hanno attivato schemi di scambio delle quote di carbonio partecipati in forma cogente o volontaria dalle imprese;
  • organizzazioni indipendenti, come gli standard gestiti da enti non governativi quali Verra o Gold Standard.

Dal lato dell’offerta intervengono una serie di operatori con finalità diverse: oltre ai proprietari-gestori di impianti e terreni, le organizzazioni responsabili della progettazione ed esecuzione degli investimenti, gli aggregatori (aggregators) delle singole, spesso disperse, iniziative di generazione dei crediti, gli organismi di certificazione e i responsabili degli schemi di certificazione, i gestori dei registri degli investimenti e dei relativi crediti generati (venduti o ancora in vendita), gli intermediari, i rivenditori di quote. Da notare che la complessità e l’articolazione del mercato determina necessariamente alti costi di transazione, tanto che il divario tra il valore della quota pagata dall’acquirente finale e la remunerazione data all’organizzazione dell’attività che genera riduzione di emissioni è spesso molto elevato.

C’è un interesse crescente per le NCS nei mercati istituzionali (o "compliance"), cioè in quei mercati in cui vigono obblighi di riduzione delle emissioni per le entità coinvolte. Ad oggi si contano 25 mercati Emission Trading Systems (ETS), operanti a scala regionale, nazionale e subnazionale, tra cui il mercato Europeo (EU ETS) (ICAP 2022). In questi mercati, fatta eccezione per la Nuova Zelanda (dove chi gestisce una foresta ha degli obblighi di rendicontazione, e può “guadagnare” crediti in caso di aumento della superficie o dello stock di carbonio), non esistono obblighi di riduzione applicati al settore AFOLU. Spesso, tuttavia, nei mercati ETS i crediti derivanti da queste attività possono avere una funzione complementare (sebbene non sostitutiva) alle misure di riduzione messe in atto dalle aziende. Infatti, in molti ETS (ad esempio quelli di paesi come Cina e Sud Corea, e altre unità amministrative come la California, la Colombia Britannica e il Quebec) le imprese operanti in settori per i quali vigono obblighi di riduzione, possono utilizzare, entro una certa soglia (che di solito si attesta al 5%), crediti di carbonio derivanti dal settore AFOLU per raggiungere i loro obiettivi di riduzione. Nella maggior parte dei casi, in questi mercati sono accettati solo crediti derivanti da progetti situati all'interno delle unità amministrative locali.
Interesse molto più prominente per il settore AFOLU si ha però nel mercato volontario dei crediti di carbonio dove non vigono specifici obblighi normativi da rispettare. In questo mercato, la compravendita di crediti di carbonio generati in diversi settori (oltre all’uso del suolo, anche energia, rifiuti, trasporti, ecc.) è basata sulla domanda degli investitori e l’offerta di produttori. Tale mercato è in forte crescita, con un valore che nel 2021 ha raggiunto i 2 miliardi di dollari. Un flusso di capitali senza precedenti si sta riversando per lo sviluppo di nuovi progetti, con un focus preminente sul settore AFOLU. Basti pensare che, sempre nel 2021, i crediti derivanti da foreste (ed altri ecosistemi, come le zone umide) hanno rappresentato il 46% del volume scambiato (227,7M MtCO2eq) con un valore di 1327,5M$.

Nel 2021 il mercato volontario dei crediti di carbonio ha raggiunto i 2 miliardi di dollari di cui il 46% derivanti da foreste ed altri ecosistemi

Il settore agricolo ha invece rivestito una delle ultime posizioni, con solo 1 milione di MtCO2eq scambiati, ma anch'esso sta registrando un incremento (Forest Trends' Ecosystem Marketplace, 2022).

 

Elementi di contrasto

Tra le concause del notevole tasso di crescita e sviluppo del mercato volontario del carbonio, si identifica l’interesse dimostrato da parte di imprese, organismi non profit, amministrazioni pubbliche e perfino singoli individui, in ambito nazionale ed internazionale, nell'assumere impegni (“commitments”) ufficiali di riduzione delle emissioni generate dalle proprie attività, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Inoltre, affinché il mercato del carbonio non sottenda un implicito disincentivo alla mitigazione, è richiesto di rispettare la cosiddetta mitigation hierarchy, ovvero l’ordine di priorità che prevede che una organizzazione impegnata nel raggiungimento dei propri target di riduzione delle emissioni  dia attenzione in primis  alla prevenzione e alla riduzione dei propri impatti,  in seguito sostituisca le fonti di emissioni più inquinati (ad esempio attraverso la conversione alle rinnovabili) ed infine consideri la compensazione solo come extrema ratio per quella quota di carbonio molto difficile da abbattere (hard to abate emissions).
Come strumento di trasparenza e accountability, si è inoltre resa necessaria un’azione di diffusione chiara e puntuale della terminologia relativa alle dichiarazioni di impatto in campo climatico (carbon positive/negative, carbon neutral, insetting/offsetting), insieme ai criteri da soddisfare perché questa sia considerata legittima. Attualmente, la procedura di riferimento finalizzata a questo processo è la Science Based Targets Initiative (SBTi), che permette alle organizzazioni di definire un chiaro percorso di riduzione delle emissioni climalteranti, valutato coerentemente con i dati scientifici applicati al settore di interesse e comunicato al pubblico in modo semplice e trasparente.

Oggi sono più di 6.000 le aziende che si sono assunte impegni ufficiali nel SBTi (132 italiane, di cui solo 3 nel settore legno/carta).

Tuttavia, se i principi generali di riferimento sono chiari e condivisi, alcuni aspetti metodologici e alcuni livelli di performance per il calcolo dello stoccaggio/riduzione delle emissioni sono caratterizzati da margini di aleatorietà. Ciò sta generando critiche ad alcuni investimenti e dubbi circa l’effettiva utilità delle NCS nel contesto di risposta alla crisi climatica.
Un aspetto in discussione riguarda i cosiddetti serbatoi naturali di carbonio, come il suolo, per i quali il processo di monitoraggio e verifica del quantitativo immagazzinato è costoso e complesso, l’accuratezza della misurazione è limitata ed il potenziale di reversibilità (ossia di rilascio del carbonio precedentemente assorbito) è incerto, con il conseguente rischio di minare la solidità dei crediti generati e quindi degli investimenti di compensazione delle emissioni e la credibilità dei target climatici. Potrebbe venire infatti attestata una falsa equivalenza nella permanenza tra ciò che viene temporaneamente assorbito, e che è passibile di reversibilità a causa di disturbi esogeni, e le emissioni industriali che rimangono in atmosfera per secoli. In tal caso, anche i benefici economici dei proprietari fondiari sarebbero potenzialmente intaccati, visto l’onere di assumersi la copertura finanziaria di qualsiasi ritorno non previsto di carbonio in atmosfera.
Un punto molto critico è quello dell’interpretazione del criterio dell’addizionalità, in base al quale, per generare crediti di carbonio, l’investimento deve essere obbligatoriamente legato ad una specifica e intenzionale attività che migliora le condizioni rispetto allo scenario di gestione ordinaria (business as usual). Problemi di corretta valutazione dell’addizionalità, e quindi di sovrastima delle emissioni dichiarate ridotte o evitate, hanno recentemente coinvolto organizzazioni che gestiscono gli standard di certificazione più utilizzati al mondo per i progetti forestali, come nel caso di VCS-Verra in Africa.

Da queste inchieste sono scaturite forti prese di posizione della società civile finalizzate a promuovere una giusta, efficace e trasparente azione per il clima (https://carbonmarketwatch.org/, https://www.ftm.eu/).

art Le foreste nel Decreto UE Carbon Removal Certification Pettenella 2

 

Il Regolamento Carbon Removal Certification (CRC)

In questo contesto di crescente interesse internazionale, la Commissione Europea il 30 novembre scorso ha adottato la proposta di Regolamento per la costituzione del primo schema volontario a livello europeo per certificare gli assorbimenti di carbonio basati su omogenei e alti criteri di qualità: il Regolamento Carbon Removal Certification (CRC), materia precedentemente discussa sotto la denominazione Carbon farming.
La proposta di Regolamento è stata concepita con l’obiettivo di:

  • garantire l’alta qualità degli assorbimenti di carbonio nell’UE;
  • istituire un sistema di governance per la certificazione degli stessi, con una serie di standard che saranno armonizzati in tutta l'Unione. Tale sistema permetterà una remunerazione dei gestori delle risorse agricole e forestali per il contributo apportato alla mitigazione dei cambiamenti climatici tramite “attività di rimozione del carbonio legate alla gestione del territorio che si traducono in un aumento dell'immagazzinamento del carbonio nella biomassa vivente, nella materia organica morta e nei terreni, migliorando la cattura del carbonio e/o riducendo il rilascio di carbonio nell'atmosfera” (art. 2, h).

L’istituzionalizzazione delle iniziative volontarie è coerente con gli impegni assunti dall’UE a livello internazionale, dal momento che dà seguito ad un chiaro mandato definito dall’Accordo di Parigi di stimolare l’azione volontaria della società civile coordinandola con le politiche pubbliche: una linea di azione confermata dagli esiti della COP26 della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici di Glasgow.

 

Il quadro politico europeo di riferimento

Il CRC si inserisce in un preesistente quadro di politiche settoriali europee. La grande cornice è quella del Green Deal europeo, la strategia di crescita a lungo termine dell'UE per rendere l'Europa “neutrale” dal punto di vista climatico entro il 2050. Strategia che diviene vincolante tramite la Legge europea sul clima, firmata nel 2021, con la quale l'UE si impegna al raggiungimento di un equilibrio tra le emissioni e gli assorbimenti di gas serra entro il 2050, termine oltre il quale le emissioni dovranno essere negative. La Strategia definisce inoltre un ambizioso obiettivo climatico per il 2030: una riduzione di almeno il 55% delle emissioni nette di gas serra rispetto al 1990. Per raggiungere questo obiettivo, sia gli ecosistemi naturali che le attività industriali dovranno contribuire a rimuovere dall'atmosfera diverse centinaia di milioni di tonnellate di CO2 all'anno.

Il Green Deal europeo punta alla neutralità dell’Europa entro il 2050 e alla riduzione di almeno il 55% delle emissioni entro il 2030.

A proposito del primo dei settori AFOLU, attraverso la Strategia Farm to Fork la Commissione Europea nel 2021 si è impegnata ad attuare una iniziativa finalizzata ad incentivare lo stoccaggio di carbonio nei suoli agricoli ed alla “generazione di certificati di carbonio negoziabili”. Successivamente, con la Strategia forestale EU del 2021, incentrata sull’aumento dell’assorbimento di carbonio nei serbatoi naturali, la garanzia di mezzi di sussistenza nelle aree rurali ed il sostegno ad una bioeconomia forestale basata su pratiche di gestione forestale sostenibili, il mercato volontario regolato dalla CE ha esteso la sua portata, includendo anche il settore forestale.
Il Regolamento CRC mira, dunque, a dare un forte contributo all’attuazione di questi obiettivi. Si basa infatti sulla Comunicazione della Commissione sui cicli sostenibili del carbonio, adottata nel 2021, che sottolinea l'importanza di consentire un modello che ricompensi i gestori del territorio per il sequestro del carbonio nel pieno rispetto dei principi ecologici. Si propone inoltre di creare un mercato interno dell'UE per la cattura, l'uso, lo stoccaggio di CO2 attraverso tecnologie innovative. La comunicazione definisce inoltre un piano d'azione per il raggiungimento di quanto prefissato: entro il 2028, tutti i gestori del territorio dovranno avere accesso a dati verificati sulle emissioni e sull'assorbimento per misurare le pratiche di carbon farming, e tutta la CO2 catturata, utilizzata e immagazzinata attraverso le attività industriali dovrà essere contabilizzata.
Inoltre, nell'ambito della modifica del Regolamento sull'uso del suolo, i cambiamenti di uso del suolo e la selvicoltura (LULUCF), la Commissione Europea ha proposto un target di assorbimento netto di 310 milioni di tonnellate di CO2eq entro il 2030, da attuarsi attraverso impegni nazionali vincolanti per il settore LULUCF. Il CRC rappresenterà quindi un importante strumento anche per il raggiungimento di questo ambizioso traguardo, previa definizione di specifiche metodologiche per evitare che tra i due Regolamenti ci sia rischio di doppio conteggio delle riduzioni delle emissioni.
Il Regolamento CRC mira anche al dialogo con politiche non settoriali, cioè non strettamente legate alla riduzione di gas serra. Promuove inoltre il restauro degli ecosistemi in linea con la proposta di Regolamento Nature Restoration Law, date le innumerevoli sinergie tra le attività di rimozione del carbonio e quelle di gestione degli ecosistemi. Si pensi ad esempio ad attività agricole che conservino o migliorino il contenuto di carbonio nei suoli, o ad interventi di gestione forestale che favoriscano la biodiversità e al contempo l’aumento dello stock di carbonio.
Il Regolamento CRC poi vorrebbe creare sinergie con la PAC, la Politica Agricola Comune, che prevede un sostegno agli agricoltori che si impegnano a intraprendere specifiche pratiche o investimenti ambientali e climatici rispettando alcune condizioni (chiamate Buone Condizioni Agricole e Ambientali, BCAA) aggiuntive rispetto ai requisiti di legge. Alcune condizioni sono rilevanti per il sequestro del carbonio nel suolo, ad esempio nei pascoli e nelle torbiere. Inoltre, la PAC può contribuire all'adozione della certificazione, coprendo gli investimenti iniziali e promuovendo le pratiche coerenti a livello aziendale.
Infine, la proposta si allinea con la direttiva sulle energie rinnovabili. Essa prevede una serie di criteri di sostenibilità per le bioenergie, che vengono applicati dalle autorità nazionali competenti o da sistemi di certificazione privati riconosciuti dalla Commissione. Questi sistemi potrebbero certificare anche la conformità delle attività di rimozione del carbonio ai criteri di qualità per la rimozione del carbonio presentati nella proposta.

 

Principi del Regolamento CRC

Poiché i cambiamenti climatici sono un problema transfrontaliero, la Commissione ha previsto la creazione di una cornice europea, sostenendo che “un mosaico di iniziative nazionali in questo settore non farebbe che aggravare il problema anziché risolverlo” e mirando alla creazione di un sistema di comparabilità tra gli Stati Membri.
A tal proposito la Commissione ha previsto l’istituzione di norme vincolanti e direttamente applicabili dagli Stati Membri, che però vi aderiscono su base volontaria. Il Regolamento CRC si rivolge ad operatori (persone fisiche o legali che operino o controllino attività di rimozione del carbonio, o ai quali è stato delegato un potere economico decisivo sul funzionamento tecnico dell'attività (art. 2, d) o gruppi di operatori (entità legali che rappresentano più di un operatore (art. 2, e) perché promuovano, volontariamente, attività di rimozione del carbonio nel settore primario. Il Regolamento stabilisce:

  • i criteri di qualità per le attività di rimozione del carbonio che si svolgono nell'Unione (art. 4-7);
  • l’obbligatorietà e le norme per la verifica e la certificazione di parte terza dell'assorbimento del carbonio (art. 9);
  • le norme per il funzionamento e il riconoscimento da parte della Commissione dei sistemi di certificazione.

 

Criteri per la qualità delle rimozioni

Gli assorbimenti di carbonio sono ammissibili alla certificazione se soddisfano entrambe le seguenti condizioni: (a) sono generate da un'attività di rimozione del carbonio conforme ai criteri stabiliti; (b) sono verificate in modo indipendente.
I criteri di qualità sono riassumibili nell’acronimo QU.A.L.ITY:

  • Quantificazione (Quantification): le attività di rimozione del carbonio devono essere misurate accuratamente e produrre benefici inequivocabili per il clima;
  • Addizionalità (Additionality): le attività devono andare oltre le pratiche esistenti a quanto richiesto dalla legge;
  • Stoccaggio a lungo termine (Long-term storage): i certificati sono legati alla durata dello stoccaggio del carbonio, in modo da garantire una lunga permanenza;
  • Sostenibilità (Sustainability): le attività devono preservare o contribuire a obiettivi di sostenibilità come l'adattamento ai cambiamenti climatici, l'economia circolare, le risorse idriche e marine e la biodiversità.

Un'attività di rimozione del carbonio deve essere conforme ai requisiti minimi di sostenibilità stabiliti nelle metodologie per il calcolo delle riduzioni. In base agli art. 8 e 16, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati per stabilire le metodologie tecniche di certificazione, che dovranno comprendere almeno gli elementi indicati nell'allegato I del Regolamento. Per definire gli atti, la Commissione si avvarrà di un gruppo di esperti, che ha avviato la propria attività nel primo trimestre del 2023. Nella preparazione degli atti delegati, il gruppo di esperti dovrà avere l’obiettivo di incentivare il più possibile la generazione di co-benefici e di ridurre al minimo gli oneri amministrativi per gli operatori, in particolare per coloro che svolgono attività su piccola scala. La Commissione dovrà inoltre tenere conto, oltre che delle norme dell’Unione, degli schemi nazionali e delle metodologie e standard di certificazione già esistenti. Su quest'ultimo punto, il gruppo di lavoro potrà avvalersi di numerose metodologie già presenti nel mercato volontario. Sebbene l'uso di standard verificati da terzi non sia strettamente richiesto nei mercati volontari, il loro impiego è da tempo divenuto consuetudine. Infatti, nel 2019 più del 99% dei crediti derivanti da foreste e usi del suolo ha utilizzato uno standard indipendente (Forest Trends' Ecosystem Marketplace 2021).
Come sottolineato dalla proposta di Regolamento, è importante che le attività di rimozione generino anche co-benefici ambientali e sociali. Le indagini di mercato mostrano come i co-benefici siano un motivo fondamentale per cui molti acquirenti partecipano ai mercati volontari del carbonio e per i quali un progetto di compensazione può essere preferito ad un altro (Goldstein e Ruef 2016; Hamrick e Gallant 2017). Esiste un chiaro premium price per i progetti con benefici ambientali e sociali addizionali al carbonio (Forest Trends' Ecosystem Marketplace 2022; Lou et al. 2022).

 

Certificazione e governance

L’iter di certificazione illustrato dal Regolamento prevede che un operatore o un gruppo di operatori presenti una domanda ad organismo di certificazione per un particolare schema [1].
L'organismo di certificazione effettuerà un audit per confermare la conformità dell'attività progettuale, a seguito del quale emetterà un rapporto di audit. Il sistema di certificazione controllerà il rapporto di audit e ne renderà disponibile al pubblico una sintesi, inserendolo in un registro, così come disposto dall’art. 12.
L’organismo di certificazione condurrà degli audit periodici per ratificare la conformità delle attività. La Commissione si riserva l’opzione di adottare atti di implementazione sulla struttura, il formato e i dettagli tecnici secondo i quali i report di certificazione e di verifica debbano essere redatti.

Gli schemi di certificazione devono essere riconosciuti o approvati dalla Commissione e possono essere pubblici o privati.

Nel caso di schemi pubblici, lo Stato Membro notificherà alla Commissione la domanda di riconoscimento del sistema di certificazione. Nel caso di certificazione privata, sarà il rappresentante legale del sistema privato a dover notificare alla Commissione.
I sistemi di certificazione devono operare sulla base di regole e procedure affidabili e trasparenti, in particolare per quanto riguarda la gestione e il monitoraggio interni, la gestione dei reclami e dei ricorsi, la consultazione delle parti interessate, la trasparenza e la pubblicazione delle informazioni, la nomina e la formazione degli organismi di certificazione, la gestione delle questioni di non conformità, lo sviluppo e la gestione dei registri. Devono inoltre pubblicare almeno annualmente un elenco degli organismi di certificazione nominati.
Al sistema di certificazione spetta l’istituzione e il mantenimento di un registro pubblico per rendere pubblicamente accessibili le informazioni relative al processo di certificazione, compresi i certificati e le unità di rimozione del carbonio certificate in conformità all'art. 9. Tali registri utilizzano sistemi automatizzati, e saranno interoperabili.
Gli organismi di certificazione devono essere accreditati da un'autorità nazionale di accreditamento ai sensi del Regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio. Agli Stati Membri è delegata la supervisione delle operazioni degli organismi di certificazione. Se gli Stati membri riscontrano problemi di non conformità, ne informano senza indugio l'organismo di certificazione e il relativo schema di certificazione.

 

Criticità della proposta

Nonostante la proposta rappresenti un passo avanti nella definizione di regole comuni per il mercato volontario, alcune questioni tecniche rimangono tuttora da risolvere. Queste nello specifico riguardano l’addizionalità, l’organizzazione del mercato, la comparabilità dei crediti generati, il conflitto di interesse e il rispetto del principio di sussidiarietà (IATP 2023), nonché il monitoraggio e il rischio di reversibilità già menzionati.
Relativamente all’addizionalità, manca ancora una metodologia scientificamente robusta ed allo stesso tempo facilmente applicabile per il calcolo della baseline e la conseguente dimostrazione del beneficio climatico e ambientale degli interventi svolti. La proposta infatti definisce la baseline riferendosi a “prestazioni standard di assorbimento del carbonio da attività comparabili, in condizioni sociali, ambientali, economiche e tecnologiche simili”, quindi come media a livello europeo. Tale definizione comporta grandi elementi di aleatorietà, un problema che si riversa nel processo di monitoraggio e verifica del carbonio effettivamente stoccato attraverso gli interventi addizionali, essendo assente un quadro iniziale realmente rappresentativo del contesto.
Un’altra problematica riscontrabile nella proposta riguarda il sistema di creazione dei prezzi in un mercato dove i prodotti venduti, cioè i crediti, pur presentandosi con lo stesso nome (1 ton CO2eq fissato) sono estremamente diversi per permanenza e generazione di co-benefici. Si considerino a tal proposito da un lato i crediti con permanenza “secolare” ma senza co-benefici, derivanti dall’assorbimento del carbonio in ambito industriale (come il BECCS e il DACCS [2], anch’essi oggetto della proposta di Regolamento CRC) e quelli in attività forestali e nei prodotti legnosi, aventi permanenza decennale e spesso in grado di generare molti co-benefici, o quelli agricoli con impegni di permanenza per un numero limitato di anni e notevoli impatti ambientali di segno positivo.

I crediti derivanti dall’assorbimento del carbonio in attività forestali e nei prodotti legnosi hanno permanenza decennale e sono in grado di generare molti co-benefici

Le attività di carbon farming, infatti, aumentano la resilienza degli ecosistemi naturali e le capacità di adattamento, migliorano la biodiversità, riducono il tasso di erosione e l’incidenza dei dissesti idrogeologici, incrementano la ritenzione idrica ed il contenuto di sostanza organica nei suoli, aumentandone la fertilità e riducendo la necessità di impiego di fertilizzanti chimici altamente dannosi per l’ambiente.
In parallelo a tali questioni aperte, rimane poi da definire come il nuovo schema europeo di certificazione si concilierebbe con gli standard nazionali, ovvero i criteri di qualità per il mercato del carbonio che già esistono su base nazionale in alcuni paesi dell’Unione. Per ora la proposta ammette l’esistenza contestuale dello standard europeo con gli schemi nazionali, con l’intenzione più o meno implicita che l’attenzione converga gradualmente verso il primo.
Come già accennato, grandi responsabilità decisionali in merito ai contenuti specifici dello standard europeo verranno attribuite ad un gruppo di esperti composto da esponenti di diversi settori con molteplici interessi, anche commerciali, quali influenti lobby dell’industria chimica, forestale, agroalimentare e energetica. Come conseguenza, c’è un concreto rischio che gli standard per la generazione di crediti di assorbimento del carbonio che verranno negoziati vengano a soddisfare criteri non particolarmente restrittivi. Va realisticamente ricordato che gli interessi forestali sono rappresentati in genere in maniera meno efficace rispetto a quelli di altri settori e che la posizione negoziale dei sostenitori dei crediti di carbonio forestali è stata fortemente indebolita negli ultimi mesi da diversi problemi, da ultimo dal recente scandalo (che si somma a quelli riportati nella nota 1) dei crediti venduti da South Pole, il primo broker mondiale nel settore, generati in un progetto Kariba in Zimbabwe (il secondo al mondo per estensione) la cui certificazione è stata a tempo indefinito sospesa da Verra.
I problemi non sono solo tra settore forestale e altri settori, ma anche all’interno delle stesse attività forestali: il Parlamento UE sta attualmente discutendo l'approvazione del Regolamento e un tema di acceso scontro è la proposta di abolizione della possibilità di generare crediti dai prodotti forestali con lungo ciclo di vita (legname da costruzione). Non è solo una discussione "tecnica" ma è una scelta con impatti sulle modalità di gestione forestale. Semplificando:

  • mantenere i crediti da prodotti legnosi significa stimolare una gestione forestale intensiva, finalizzata a mettere il più velocemente possibile sul mercato legname di alto valore, quindi turni relativamente brevi, forti diradamenti, stock di biomassa in piedi relativamente contenuti ma basati sulle specie più produttive;
  • permettere che solo con la gestione forestale si possano generare crediti di carbonio comporta privilegiare l'allungamento dei turni per avere alti livelli di biomassa in piedi, la conversione di cedui in fustaie, tagli contenuti; in sintesi: estensivare la gestione.

Sono chiari gli interessi in gioco e sarà di grande interesse vedere le conclusioni del processo legislativo.

art Le foreste nel Decreto UE Carbon Removal Certification Pettenella 3

 

Il contesto italiano

Nel mercato volontario italiano dei crediti di carbonio e in generale dei Servizi Ecosistemici sono state attivate da anni svariate azioni, in funzione di diversi strumenti finanziari, delle competenze, degli interessi principali in gioco e delle disponibilità a pagare di imprese e cittadini.
L’Italia è stata tra i primi paesi europei a formulare un Codice forestale del carbonio e gli annessi strumenti che danno trasparenza al mercato. Il Nucleo Monitoraggio del Carbonio del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi in Economia Agraria (CREA), in collaborazione con il Dipartimento TeSAF dell’Università di Padova, il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e la Compagnia delle Foreste, pubblica dal 2012, sui fondi dello sviluppo rurale gestiti dal MASAF, un Rapporto annuale sull’andamento del mercato non istituzionale italiano degli investimenti forestali volti alla fissazione del carbonio. Nonostante il Codice forestale del carbonio sia stato profondamento rivisto a fine del 2022, i tentativi di lanciare uno schema nazionale sono stati finora poco fruttuosi a causa dell’assenza di una visione comune e condivisa e di un chiaro impegno da parte delle istituzioni centrali dello Stato.
Con la recente pubblicazione della proposta di Regolamento della Commissione, l’Italia ha però riacceso i riflettori sui tasselli mancanti per l’avvio di un mercato volontario a livello nazionale. Il 5 aprile 2023 in Commissione Bilancio al Senato è stato infatti approvato l’emendamento al decreto PNRR sui crediti di carbonio, che sancisce la nascita del Registro nazionale dei crediti di carbonio generati su base volontaria nel settore agroforestale. Il Registro, affidato al CREA, avrà il fine di valorizzare le pratiche di gestione agricole e forestali sostenibili (sono state dimenticate altre forme di uso del suolo come le torbiere), in grado di migliorare le capacità di assorbimento del carbonio e addizionali rispetto a quelle prescritte dalle normative UE e nazionali, in linea con la proposta di Regolamento CRC. I crediti saranno inoltre utilizzabili esclusivamente all’interno di un mercato volontario nazionale (quindi non passibili di impiego in EU-ETS o CORSIA), con il fine di contribuire non solo al raggiungimento degli obiettivi italiani di assorbimento delle emissioni in conformità agli obblighi internazionali, ma anche all’autonomia finanziaria dei proprietari agroforestali “virtuosi”. Per le direttive concrete agli operatori del settore si dovranno attendere i decreti attuativi, che dovrebbero essere approvati entro la fine del 2023.
È necessario però fare chiarezza su alcuni punti.
Innanzitutto, non è la presenza di un Registro nazionale l’elemento dirimente per l’attivazione del mercato. Esistono già infatti registri attivi in Italia e a livello internazionale, questi ultimi ampiamente riconosciuti ed “interoperabili” secondo quanto richiesto dalla Commissione Europea. Inoltre, in base al principio costituzionale di sussidiarietà, l’istituzione di un registro poteva essere affidata ad un organismo della società civile. È di fondamentale importanza, invece, l’attività che il CREA dovrà svolgere, con il supporto di esperti e sentendo i portatori d’interessi, nel definire gli standard per le attività forestali, per i prodotti legnosi, ma anche per le attività agricole, visto il mandato ricevuto. Questi standard andranno predisposti in coerenza con le linee-guida che verranno prossimamente elaborate dalla Commissione Europea e che a questa dovranno essere sottoposte per una formale approvazione. È facile immaginare che questo processo sarà lungo e impegnativo sia per gli aspetti tecnici, che per quelli amministrativi e che lo schema richieda almeno un paio di anni per essere integralmente avviato.
In questo periodo di transizione potrebbe essere utile tenere presente un’alternativa alla generazione dei crediti che può rappresentare un'interessante forma di pagamento di servizi ambientali in grado di remunerare il sequestro di carbonio, ma anche servizi che valorizzano la multifunzionalità degli ecosistemi naturali: le dichiarazioni di impatto (claims). Nella tabella si riportano le principali differenze tra i claims e i crediti.

art Le foreste nel Decreto UE Carbon Removal Certification Pettenella tabella

I claims si basano su procedure definite da alcuni standard di gestione forestale (come il Forest Stewardship Council, FSC) che consentono di misurare e verificare gli impatti su diversi servizi ecosistemici (dalla protezione della biodiversità alla regolazione del ciclo dell’acqua, ai servizi ricreativi, alla cattura e stoccaggio del carbonio). Nei claims non c’è trasferimento di proprietà e, quindi, non si va incontro a problemi come quelli legati alla vendita di crediti di carbonio da parte del Consorzio Comunalie Parmensi. Il Consorzio infatti è stato recentemente messo in liquidazione, con conseguenti problemi anche per i compratori dei crediti in quanto viene così eliminato dal mercato il venditore di un servizio (la buona gestione forestale che crea crediti) che quindi non viene più assicurato. Questo esempio evidenzia la rischiosità di queste transazioni che rischia di compromettere la credibilità di tutta l'attività di investimento nel settore.

I claims non sono commercializzabili, sono sponsorizzazioni di attività di miglioramento-ripristino ambientale

Le aziende e altre organizzazioni che sponsorizzano attività di gestione che generano impatti positivi sulla conservazione e sul miglioramento degli spazi naturali (foreste, aree agricole, torbiere, …) possono conteggiare le dichiarazioni d’impatto e comunicarle al fine di dare evidenza documentata dei propri impegni in campo ambientale. Le dichiarazioni di impatto sono, inoltre, caratterizzate da una catena del valore corta, che riduce i costi di transazione generando spesso maggiori benefici economici per i proprietari delle foreste.

 

Conclusioni

Lo sviluppo dei mercati per i Servizi Ecosistemici, e soprattutto per quelli che concernono la cattura e lo stoccaggio del carbonio, necessita di un rapporto nuovo tra i regolatori (gli Stati e le istituzioni europee) e gli operatori del mercato. È infatti necessario che siano definite chiare “regole del gioco” e che queste siano formalmente supportate dall’amministrazione, che funga da garante nell’interazione tra i diversi operatori del settore. Solo in questo modo si potrà prevenire l’entrata nel mercato di offerenti ed intermediari che propongono opportunità di investimento non basate su solidi criteri di addizionalità, permanenza e gestione del rischio (i “carbon cow-boys”).
Nonostante le questioni tecniche relative alla proposta europea siano ancora da definire in questa fase pilota, la Commissione, coadiuvata dal precedentemente citato gruppo di esperti, si è proposta di elaborare metodologie di certificazione specifiche per i diversi tipi di attività di assorbimento del carbonio. Per ora si rimane in attesa dei decreti attuativi, la cui pubblicazione è programmata nei prossimi 6 mesi, che forniranno sicuramente un quadro più chiaro e concreto agli operatori del settore.
Sarà interessante capire come le regole che verranno date al mercato volontario influenzeranno i prezzi dei crediti, in significativo aumento negli ultimi anni, e quindi le motivazioni degli operatori.

Alti prezzi dei crediti derivanti da attività AFOLU renderebbero più competitivi gli investimenti nella rimozione industriale

Gli investimenti nella rimozione industriale attualmente hanno costi non inferiori ai 140 €/tCO2; di contro, bassi prezzi sembrano ridurre significativamente l’attrattività degli investimenti in agricoltura rispetto a quelli forestali. A questo proposito, la Commissione ha fatto importanti affermazioni sugli early movers, cioè coloro [3] che hanno impostato ante litteram pratiche che favoriscono l’assorbimento del carbonio e che, in base a ciò che è stato pubblicamente affermato da più di un rappresentante della Commissione, dovrebbero avere accesso alla certificazione per la vendita di crediti generati nelle pratiche del recente passato [4]. Per analogia si può pensare che tale diritto non potrebbe essere negato a chi ha già introdotto altre pratiche agro-ecologiche, così come i gestori forestali certificati FSC e PEFC (più di 70 Milioni di ettari in tutta l’UE nel caso di questi ultimi). Ciò, quindi, potrebbe comportare un problema aggiuntivo di definizione della baseline (accumulo retroattivo rispetto a quale anno?) e calcolo dell’addizionalità (beneficio marginale decrescente degli interventi che erano innovativi nel passato). Inoltre, dovessero questi crediti degli early movers virtuosi essere immessi nel mercato, ci si potrebbe troverebbe dinanzi ad un innalzamento molto elevato dell’offerta di crediti, con una diminuzione dei prezzi e il conseguente disincentivo per i nuovi operatori ad entrare nel sistema. Su questo punto non sembra ci sia ancora molta chiarezza nell’azione politica della Commissione e si tratta evidentemente di un elemento fondamentale per impostare un mercato vitale.

Secondo un antico detto giapponese, “vision without action is a daydream. Action without vision is a nightmare”. Ci rimettiamo dunque ai prossimi passi della Commissione, confidenti che abbia una visione chiara e delle linee d’azione coerenti affinché il mercato comunitario dei crediti di carbonio forestale rappresenti realmente un contributo importante (e non un mezzo di speculazione) al conseguimento degli obiettivi climatici a livello europeo.

Autori:
Davide Pettenella
- Dipart. TESAF - Università di Padova
Giulia Corradini - Dipart. TESAF - Università di Padova
Maria Giulia Pelosi - ETIFOR Società Benefit

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