Pillole forestali dall’Italia #25 - Un fiume di conflitti e altre notizie di settembre
Ciao a tutte e a tutti e benvenuti all'edizione numero 25 di “Pillole forestali dall’Italia”, l’appuntamento quindicinale che vi descrive e commenta 5 tra le principali notizie su foreste e legno in Italia selezionate dalla redazione di Sherwood, sia in forma scritta che come podcast.
Questa rubrica è sponsorizzata da e PEFC Italia e FSC®Italia, che ringraziamo per aver scelto di sostenere il nostro lavoro.
Preferisci ascoltare o leggere?
Ecco la versione PODCAST (la trovi anche su tutte le piattaforme come Spreaker e Spotify):
Qui invece le notizie da LEGGERE:
LA PIOPPICOLTURA ITALIANA RISCHIA GROSSO
Iniziamo questa edizione delle Pillole con un tema molto attuale, che sta agitando le acque del nostro settore, in particolare di chi si occupa di pioppicoltura. Sembra infatti che il grande progetto PNRR di rinaturalizzazione del Fiume Po, di cui avevamo parlato in una precedente edizione delle Pillole, starebbe per mettere a rischio una delle poche e strutturate filiere del legno nazionali: quella del pioppo.
A dare l’allarme è stata FederlegnoArredo, che ha parlato senza mezzi termini di: “Un progetto che vuole annullare in un sol colpo anni di sforzi tesi al rafforzamento e allo sviluppo della pioppicoltura in Italia”. Il riferimento è in particolare all’Intesa Interregionale per lo sviluppo della filiera del pioppo, siglata nel 2014, che anche grazie ad una favorevole congiuntura economica stava portando ottimi risultati, con un incremento costante delle superfici coltivate a pioppo in Pianura Padana.
Ebbene, il progetto PNRR sulla rinaturalizzazione del Po, finanziato con 357 milioni di euro e ormai prossimo alla fase iniziale, prevederebbe la revoca di concessioni in atto, e addirittura l’esproprio, di aree a pioppeto in proprietà o in gestione per più di 7.000 ettari lungo il Grande Fiume. Evidentemente, per chi ha steso questo progetto, la pioppicoltura non sarebbe compatibile con gli obiettivi di rinaturalizzazione.
Anche Confagricoltura non nasconde la propria irritazione: i Presidenti delle Federazioni regionali interessate, così come il Presidente dell’Associazione Pioppicoltori Italiani, Fabio Boccalari, hanno espresso all’unanimità “vivo rammarico per non essere stati chiamati ad esprimere il parere del mondo agricolo per un’opera che potrebbe incidere significativamente sull’economia del territorio padano oltre che sull’assetto delle aziende che operano in quest’area”.
FederlegnoArredo spiega di essersi immediatamente attivata affinché si attui una riformulazione del progetto in modo strutturale, gli espropri vengano fermati e il pioppo possa finalmente essere considerato una risorsa preziosa e sostenibile. La Federazione parla di “incredibile mancanza di visione” e di un progetto che: “rischia di impattare gravemente sulla nostra industria e che è in palese contrasto con altre azioni e misure introdotte dalle istituzioni per la diffusione della pioppicoltura”.
A parte le singole dichiarazioni degli attori coinvolti, l’aspetto che più ci interessa sottolineare è che negli ultimi anni sono stati fatti molti passi in avanti per poter rendere la pioppicoltura meno impattante e più sostenibile, non sempre abbracciati da agricoltori e industriali: le certificazioni, l’uso di cloni MSA - a Maggior Sostenibilità Ambientale, le “Piantagioni 3P” - Policicliche Potenzialmente Permanenti. Ci chiediamo quindi: perché non è stato cercato un accordo, una mediazione, per portare avanti la produzione pioppicola nelle aree adiacenti all’asse del Po ma promuovendo al tempo stesso, da ora in poi, maggiori attenzioni agli aspetti ambientali, sacrosante in un’area fortemente antropizzata con grandi problemi di inquinamento?
Questo progetto, che poteva rappresentare un’occasione enorme per un cambio di paradigma nella la pioppicoltura industriale, rischia ora di trasformarsi nell’ennesimo “NO a prescindere”, perpetuando ed esacerbando un eterno conflitto tra conservazione della natura e produzione di legno che, a nostro avviso, non fa bene a nessuna delle parti in causa.
Per approfondire:
QUATTRO NUOVI FORESTALI AL CONSIGLIO CONAF
Continuiamo con l’esito di un’importante elezione: quella del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali, il CONAF, che si è ampiamente rinnovato. I nuovi Consiglieri sono infatti ben 10 su 15, anche per la regola statutaria che impedisce di ricandidarsi dopo 2 mandati consecutivi.
Il nuovo Consiglio si è insediato da pochi giorni presso il Ministero di Giustizia e, contestualmente, ha eletto il proprio Presidente nazionale. L’Ufficio di presidenza, l’organismo che coordina le attività del Consiglio Nazionale, sarà composto dal romano Mauro Uniformi, in veste di Presidente, dal toscano Renato Ferretti, in qualità di Vicepresidente, e dal pugliese Gianluca Buemi, che ricoprirà la carica di Segretario.
Nell’Ufficio di presidenza non ci sono Dottori forestali, ma all’interno del Consiglio sì, ben 4 rispetto ai 2 precedenti: l’abruzzese Claudia Alessandrelli, la friulana Monica Cairoli, l’emiliano-romagnolo Daniele Gambetti e il lombardo Paolo Baccolo.
A loro in particolare, ma ovviamente a tutte e tutti i nuovi eletti del Consiglio Nazionale, va il nostro augurio di buon lavoro. Le sfide della professione sono tante e molto varie, l’augurio è di portarle avanti assieme, con coraggio, grazie ad un forte radicamento sul territorio da un lato e un’ampia visione che sappia traguardare il contesto internazionale dall’altro.
Ci teniamo in questa occasione a ringraziare Sabrina Diamanti, dottoressa forestale ligure che ha svolto con grande impegno e professionalità la carica di Presidente fino ad oggi e Marco Bonavia, dottore forestale piemontese, che è stato un Consigliere appassionato e sempre in prima linea per portare i nostri temi al centro del dibattito professionale.
Buon lavoro al nuovo Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali!
Per approfondire:
SI PREVEDE UN ANNO NEGATIVO PER LA FILIERA DEL LEGNO
Ora è il momento dei “freddi numeri”: si tratta di alcuni dati interessanti, anche se purtroppo negativi, pubblicati da Istat e dal Centro Studi di Federlegno Arredo.
Iniziamo da ISTAT, che ha reso note le variazioni rilevate nel fatturato e nella produzione del settore legno in Italia nel primo semestre 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022: si parla, rispettivamente, di -14,9% e -13,9%. Migliore, ma sempre con il segno meno, la situazione del settore mobili: -0,1% di fatturato e -5,4% di produzione.
Secondo FederlegnoArredo questi numeri sono il segno tangibile di un andamento del settore legno-arredo costretto a navigare a vista e a fare i conti con una situazione in continua evoluzione, destinata a protrarsi sicuramente per tutto il 2023 se non oltre.
I dati di ISTAT trovano infatti conferma anche nei numeri elaborati dal Centro Studi FederlegnoArredo. Nel primo semestre 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022, l’insieme del settore legno e di quello dei mobili hanno registrato una contrazione complessiva del 5,9%, con una tendenza negativa sia per il mercato italiano (-6,8%) che per l’export (-4,5%). A gravare maggiormente sull'andamento complessivo è il settore legno, che flette al -12,6%, (-14% le vendite sul mercato nazionale e -8,3% l’export), con andamenti però molto differenziati tra i diversi comparti: dai pannelli, in forte contrazione, alle coperture, strutture ed edifici in legno che appaiono invece in crescita.
Volgendo lo sguardo a fine 2023, la rilevazione indica una chiusura d’anno complessivamente negativa per il settore: -3,3%, con l’export a -2,6% e il mercato nazionale a -3,8%. Esistono tuttavia importanti differenze tra i due macrosettori: per quanto riguarda il sistema legno l’andamento appare più negativo (-8,5% totale, senza differenze sostanziali tra mercato nazionale ed estero); le previsioni parlano invece di un andamento totale lievemente positivo del macrosistema arredo (+0,2%), grazie alla maggior tenuta del mercato interno (+1,3%) rispetto all’export a (-0,7%).
Claudio Feltrin, Presidente di Federlegno Arredo, commenta i dati spiegando che le aziende italiane sono pronte a rispondere all’ennesima sfida, ma risulta cruciale prevedere misure di sostegno agli investimenti per tutelare la competitività dell’intero settore. Ci auguriamo che tra le risposte dell’industria in questo momento di difficoltà ci sia anche un impegno concreto per l'avvio del nuovo Cluster Italia Foresta Legno.
Per approfondire:
COME CAMBIERÀ LA VEGETAZIONE FORESTALE AL 2050?
Un interessante studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “Frontiers in Forests and Global Change”, a cura di ricercatori e ricercatrici del CMCC - Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, ha indagato il potenziale spostamento altitudinale delle principali specie arboree forestali nelle montagne italiane nel contesto del cambiamento climatico. Lo studio ha sviluppato modelli di distribuzione delle specie forestali in cinque aree delle Alpi e dell’Appennino mediante proiezioni climatiche basate su due differenti scenari al 2050.
Dallo studio si evince che le regioni dell'Appennino settentrionale saranno quelle che presenteranno gli impatti più marcati e diffusi su tutte le specie prese in considerazione dalla ricerca.
In generale, secondo lo studio, la maggior parte delle specie indagate subirà una contrazione del proprio range altitudinale; solo alcune saranno infatti avvantaggiate, come ad esempio il larice nelle Alpi e il cerro nell’Appennino, che nell’analisi hanno mostrato un potenziale incremento del proprio areale. L’articolo sottolinea che il cambiamento inciderà in modo particolarmente marcato sul faggio, sia in ambiente alpino che appenninico; si stima infatti una buona idoneità futura di questa specie al di sopra dei 1.500 metri di quota nell’Appennino centrale e meridionale. Il pino marittimo, al contrario, si è dimostrato un promettente candidato per il futuro dei boschi dell’Appennino meridionale.
Questo ovviamente in estrema sintesi: nell’articolo, che è in lingua inglese ma consultabile liberamente, sono presentate le metodologie applicate e i risultati suddivisi per area geografica.
È sempre interessante leggere questo tipo di ricerche, ovviamente con il necessario spirito critico, perché ci aiutano a fare quello “sforzo di immaginazione” che la crisi climatica ci impone ma che, al tempo stesso, è molto difficile poi da attuare nella realtà. Conoscere questi potenziali cambiamenti e affinare sempre più i modelli previsionali sarà estremamente utile per impostare politiche forestali lungimiranti.
Per approfondire:
ECCELLENZE RURALI… E FORESTALI
Come curiosità finale di questa edizione delle Pillole vi suggeriamo di navigare nella sezione “Eccellenze rurali” del sito della Rete Rurale Nazionale. Si tratta di un progetto di comunicazione che ha l’obiettivo di raccontare le migliori esperienze di buon utilizzo dei fondi comunitari a sostegno dello sviluppo rurale. È molto interessante perché ogni “eccellenza rurale” è documentata con video, schede di approfondimento, interviste e gallerie fotografiche.
Vi segnaliamo in particolar modo questa iniziativa perché negli ultimi mesi, a fianco di tanti progetti di innovazione legati ai temi agricoli, sono apparse anche diverse “eccellenze rurali forestali” che possono dare spunti, idee e stimoli in vista della nuova programmazione ma anche di altri progetti.
Ad esempio, si parla di prevenzione incendi in Puglia, di sughericoltura in Sicilia, di imboschimenti in ambito urbano in Piemonte, di castanicoltura da frutto e di pagamento dei servizi ecosistemici in Emilia-Romagna, di ripristino forestale multi obiettivo in Campania.
Queste sono solo le ultime storie pubblicate che riguardano il nostro settore, ma ce ne sono tante altre, a partire ovviamente dalle regioni alpine, ma distribuite lungo tutta la Penisola. Vi invitiamo a cercare, regione per regione, le “eccellenze rurali”, è un bell’esercizio che stimola l’ottimismo.
Il nostro settore, in Italia, ha tantissimi problemi, ma talvolta è anche confortante farsi un viaggio, seppur virtuale, nelle tante realtà positive che, per fortuna, esistono e sono spesso gestite e coordinate anche da giovani.
Per approfondire:
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